giovedì 26 giugno 2008

GAS

Niente paura! Non si tratta di bombole di combustibile ne' di flatulenza, ma dell'infelice acronimo di "Gruppo di Acquisto Solidale".
Questa sigla identifica alcune associazioni più o meno spontanee, più o meno organizzate, di persone che, stanche della filosofia del consumo ad ogni costo, decidono di dare una impronta etica ai loro acquisti.
Da qualche tempo ho scoperto per caso questo tipo di realtà, ho cominciato ad informarmi, e ho trovato su Internet che esistono tantissimi GAS sparsi un po' per tutta Italia (questo e' il sito che li raccoglie tutti).

Campagna banane equosolidali
Non lontano da casa nostra ne ho trovati tre, ed ho deciso di visitarne il più vicino (la Comunità della Sporta), che sembra, tra questi, anche il meglio organizzato.

Il concetto è semplice: siccome gran parte del costo di un prodotto è dato dai passaggi di mano commerciali tra il produttore e il consumatore, eliminando semplicemente quei passaggi, il prodotto disperde di meno il suo valore. Il GAS cerca quindi di utilizzare quel valore risparmiato per rendere dignità etica all'acquisto di quel bene.
Le caratteristiche di questo tipo di commercio si possono ridurre sostanzialmente ai seguenti punti:
  • Il produttore viene retribuito il giusto. Il GAS non "strozza" il produttore come invece fa la grande distribuzione. Questo aspetto potrebbe non avere molto significato per alcuni produttori italiani, che possono scegliere il migliore offerente, ma sicuramente ne ha molto per quelli del terzo mondo, dove i lavoratori sono sfruttati, se non schiavizzati, e addirittura capita che siano bambini. I GAS garantiscono che i loro prodotti non derivino da queste pratiche.
  • Per i prodotti dove ciò abbia senso, si predilige il rifornimento presso produttori locali. Questa filosofia consente di abbattere i costi (economici ed ecologici) dovuti al trasporto delle merci. Oltre alla spesa, infatti, c'è da considerare l'inquinamento prodotto dai mezzi di trasporto. Certo per alcuni prodotti questo principio non è applicabile, ad esempio la frutta tropicale non può certo essere acquistata dal produttore italiano, ma per la maggior parte dei beni alimentari quel costo può essere eliminato.
  • La qualità dei prodotti agricoli e dei loro derivati è ottima e le produzioni sono ecologiche. I GAS infatti preferiscono i prodotti biologici, e d'altra parte i margini più larghi dei produttori consentono loro di adeguarsi a questo tipo di coltivazioni. La tracciabilità dei prodotti è facilitata dalla vicinanza geografica tra produttore e consumatore, nonché da esperienze dirette (si organizzano visite presso i produttori). Infine la riduzione dei tempi di consegna favorisce cicli biologici più corretti (la frutta maturata sull'albero è decisamente più buona di quella maturata sui banchi dei supermercati).
  • Nei GAS si tenta di ridurre l'utilizzo di imballaggi, con evidente diminuzione di sprechi e di materiali inquinanti dispersi nell'ambiente. Per la verità, per alcuni prodotti, questa riduzione non e' totale, almeno alla "Sporta", ma da questo punto di vista la situazione è drasticamente migliore della grande distribuzione. Ad esempio alcuni detersivi vengono venduti "alla spina", e si possono acquistare solo se ci si porta da casa un contenitore adeguato. C'è inoltre una accurata attenzione alla biodegradabilità dei prodotti venduti. Ad esempio i detersivi venduti alla "Sporta" sono biodegradabili al 100%.
  • I GAS tendono anche a ridurre al minimo gli sprechi di beni deperibili. Suppongo che ogni GAS adotti metodi diversi per realizzare questo. Alla "Sporta" i prodotti freschi vengono distribuiti a cicli di due settimane: durante una settimana si possono ritirare i prodotti prenotati due settimane prima. Spesso ci sono dei surplus di prodotti freschi che possono essere acquistati anche senza prenotazione, ma si tratta di una minima parte.
È possibile acquistare alla "Sporta" iscrivendosi all'associazione (costa 9€ all'anno o 3€ al quadrimestre). A chi e' iscritto viene fornito un nome utente ed una password che consente di effettuare acquisti online. Coloro che gestiscono il negozio lo fanno a titolo volontario e gratuito. Infatti al momento dell'iscrizione ci si impegna ad impiegare almeno venti ore l'anno per aiutare a gestire il servizio (ricevere i fornitori, accogliere i clienti, gestire il magazzino, il sito web, preparare le merci da consegnare...).
Un principio rassicurante, quindi, è anche che, a differenza dei tradizionali canali di commercializzazione, non è convenienza di nessuno favorire un prodotto piuttosto che un altro o promuovere la vendita di un prodotto inutile o eticamente scorretto, se non, al limite, dei produttori stessi, che però possono essere controllati direttamente dai consumatori.

Una cosa che, invero, trovo piuttosto "scomoda", nei GAS (quanto meno alla "Sporta") è la necessità di prenotazione anticipata per i prodotti deperibili. Difficile essere pronti a soddisfare una voglia improvvisa di fragole e panna se le fragole devono essere prenotate con otto-quindici giorni di anticipo! Ma suppongo che questo sia il prezzo da pagare per consentirci di evitare sprechi inutili.

Una ovvia critica a questo tipo di commercio sta nel fatto che, eliminando i passaggi di mano delle merci tra il produttore e il consumatore, si eliminano anche quei posti di lavoro che proprio da quei passaggi di mano traggono profitto. Se acquisto delle pesche al GAS che si rifornisce dal produttore sotto casa anziché al supermercato che le acquista in Spagna, è evidente che tali pesche non devono essere trasportate, con ovvio danno all'autotrasportatore.
Questo è vero. Il prezzo che viene pagato per l'acquisto del prodotto va quasi interamente al produttore e a chi è coinvolto nei cicli di produzione, e tale valore viene redistribuito quindi di meno tra la popolazione.
Ma questo è un ulteriore motivo per cui la filosofia del GAS mi piace. Disperdere inutilmente il valore di un bene è tipico del consumismo. Chiaramente il GAS fa circolare meno ricchezza di quanto faccia la distribuzione tradizionale, ed è assurdo pensare di accollare questo problema solamente a chi, ad oggi, ha la sfortuna di essere impiegato in una delle mansioni che possono essere ridotte. Ma e' anche vero che la ricchezza che viene impiegata per finanziare quelle mansioni e' quella che non produce aclun bene (o servizio) utile.
In altre parole, l'acquisto di un prodotto inutile fornisce alla società esattamente la ricchezza sufficiente a finanziare la produzione di quel bene (o servizio) inutile. Per reggersi, il consumismo, ci impone di lavorare per acquisire una ricchezza che ci serve per acquistare ciò che qualcun altro produce. E quindi, per far funzionare il sistema, dobbiamo adeguarci ad acquistarlo, anche se non ne abbiamo bisogno.

Lavoriamo di meno. Saremo più poveri e non avremo abbastanza soldi per comprare cose inutili. Questo può piacere oppure no, ma senz'altro risparmia risorse a livello globale, e di conseguenza inquina di meno e, se applicato diffusamente, riduce il divario tra ricchi e poveri, poiché consente a tutti di acquistare ciò di cui si ha necessità.

Insomma, il GAS mi piace perché, se applicato su larga scala, rivoluziona il sistema in favore di una economia più giusta, sostenibile, equa, ecologica.

Sarebbe bello riuscire a sostituire progressivamente l'economia consumista con quella del GAS. Ma per fare questo i prezzi devono rimanere competitivi con la grande distribuzione, poiché il consumatore (a volte comprensibilmente, altre volte meno) alla fine deve fare i conti con il proprio portafoglio.
Per quanto riguarda la mia esperienza, ad oggi, i prodotti alla "Sporta" hanno più o meno gli stessi prezzi della grande distribuzione, ma hanno un valore maggiore dato non solo dal punto di vista della qualità (si tratta di prodotti biologici), ma anche da quello etico.

Ecco la nostra prima spesa-esperimento al GAS:
  • 530g di banane equosolidali AltroMercato - senza imballaggio (2.56€ al kg).
  • Una pagnotta da 1kg di pane pugliese artigianale biologico a lievitazione naturale con farina 0 e semola di grano duro - senza imballaggio (3.10€ al kg).
  • un pacco con 51 fette biscottate biologiche Il Fior di Loto - imballate in un foglio di plastica con etichetta di carta (3.35€ al pacco da 450g).
  • 2 bottiglie di olio di riso "delicato e naturale" da agricoltura biologica Zibra - in bottiglia di vetro, con etichetta di carta e tappo in metallo (2.40€ alla bottiglia da 0.5l - 30% di sconto, perché si avvicina alla data di scadenza).
  • un pacco di pasta di riso biologico Probio - imballo di plastica stampata (2.85€ al pacco da 500g).
Totale: 13.85€.

Poiché era la prima spesa, effettuata nel momento dell'iscrizione, non è stato possibile prenotare con le due fatidiche settimane di anticipo, ed infatti i beni acquistati sono a lunga conservazione o secchi, a parte il pane e le banane che costituivano un eccesso di fornitura rispetto le prenotazioni.
Stiamo ora attendendo di ritirare la prossima spesa, prenotata online lo scorso weekend. Vi saprò dire.

giovedì 12 giugno 2008

Osteria Burligo

Dei vari ristoranti scelti dalla guida della SlowFood, raramente ci capita di visitarne una seconda volta.
Da un lato ci piace infatti sperimentare locali diversi proprio per assaggiare diverse cucine, dall'altro lato spesso capita di scegliere locali molto distanti da casa, vuoi perché rimaniamo talmente attratti dalla descrizione da decidere di fare anche parecchi chilometri, vuoi perché ci capita più spesso di andare al ristorante quando siamo in viaggio.

Una eccezione è l'Osteria Burligo. Si trova abbastanza vicino a casa, ma non è certo questa l'unica ragione per cui è già la terza volta che ci andiamo.
Burligo, frazione di Palazzago, è piuttosto vicino a Bergamo, ma abbastanza fuori dalle strade principali: impossibile passarci per caso. Se uno arriva fino a qui è proprio perché ci vuole proprio venire.
L'ambiente è molto spartano. C'è un locale d'ingresso dove si trova il bar, e la sala, dove ci sono una decina di tavoli. In più nella bella stagione si può anche stare sul terrazzo. Dà sulla strada, ma è piacevole perché la strada non è molto frequentata, e c'è una bella vista sul pendio della montagna di fronte.
Stavolta abbiamo cenato nella sala.
Norma sta più che altro ai fornelli, mentre si è accolti da Felice, ottimo ospite, oltre che grande esperto di vini.

Synthesi
Aglianico del Vulture
di Paternoster
La cucina è estremamente semplice, e l'eleganza dei sapori è data soprattutto dalla qualità delle materie prime e dai magistrali abbinamenti. A proposito di semplicita', in una nostra precedente visita mi aveva colpito ad esempio l'insalata di cavolfiori e broccoletti, cotti al vapore e disposti a corona sul piatto, sopra ai quali era stata messa una salsa di olio d'oliva ed acciughe. Minimalista, ma grandioso.
Questa volta abbiamo preso un solo antipasto costituito da peperoni al vapore divisi in quarti e tolta la buccia con una salsa di capperi e tonno, molto gustoso.
Come primo abbiamo preso dei tagliolini d'ortica con pancetta e ricotta di pecora, ottimi, molto delicati, e delle lasagnette con pasta di salame (purtroppo avevano terminato le lasagnette ed avevano sostituito con altri tagliolini d'ortica), un sapore più deciso dato dal ragù di salame.
Ci siamo quindi divisi il secondo piatto: lingua bollita con verdure in agrodolce, buonissimo anche quello.
La cantina è molto ben fornita. Noi abbiamo scelto un Aglianico del Vulture "Synthesi" di Paternoster che ben si adattava al menù.
Un dolce (fragole e gelato) e un caffè completavano la cena.
58 euro.

Osteria Burligo
Via Burligo 12,
Burligo, Palazzago (BG)