venerdì 18 dicembre 2009

Il clima d'odio

Mmmmh... dicono che in Italia c'è un clima di odio tra le parti politiche, e che sia proprio quel clima la causa del gesto di Tartaglia contro Berlusconi.

Non c'è dubbio che le due parti politiche si stiano scambiando pesanti tegole già da tempo. E la cosa mi disturba un po', perché preferisco toni più pacati.
Per la verità mi pare che sia da sempre stato così. Quello che forse è un po' diverso è il linguaggio utilizzato: da destra si dà dei "coglioni" agli elettori di sinistra, da sinistra si dà dei "nazisti" ai politici di destra (il che sottintende, nella migliore delle ipotesi, che gli elettori di destra siano degli imbecilli).

Io penso che Berlusconi sia il più grave probema dell'Italia. E credo che finché lui, in un modo o nell'altro, non sparisce dalla scena politica, sia impossibile, per l'Italia risollevarsi da questa crisi sociale. Non penso che sia l'unico problema, ma sicuramente il più grave. Il motivo è che Berlusconi utilizza il potere per i suoi fini personali, e questo spesso - sempre - fa a pugni con l'interesse comune degli italiani. Sì, penso anch'io che una gran parte dell'elettorato di destra sia composto da imbecilli. Per par condicio rivelerò che in cuor mio credo che lo stesso valga per l'elettorato di sinistra.

Io non farei mai volontariamente del male a un'altra persona, tanto meno il Presidente del Consiglio (sono mica scemo... cioè, dico, se facessi del male a un poveraccio potrei anche farla franca...). Quindi condanno il gesto di Tartaglia.
Ma, se io stesso, da nonviolento qual sono, penso che l'eliminazione di Berlusconi dalla scena politica possa essere il primo passo verso la rinascita, immagino che non sia affatto fantascienza ipotizzare che esista qualcuno che pensi di attuare quella eliminazione in modo drastico.

A destra c'è chi (come il piduista Cicchitto) punta il dito contro Santoro, Travaglio, Di Pietro, Repubblica, l'Espresso, che hanno la colpa di fomentare l'odio contro Berlusconi. A sinistra invece dicono che il clima infuocato sia opera di Berlusconi stesso e dei suoi, che certamente mancano di rispetto verso i loro avversari.

Io penso che ci sia effettivamente dell'odio nei confronti di Berlusconi da sinistra. Ma non credo che si possa trovare le motivazioni di questo odio negli insulti di Berlusconi ne' che siano guidate da Di Pietro quando dice per esempio che Berlusconi è come Hitler, per quanto entrambi questi atteggiamenti rivelino mancanza di stile.
Io, ad esempio, odio Berlusconi, ma l'accusa di "coglione" mi fa solo sorridere. Odio Berlusconi perché è un criminale che non si vuole fare processare. Odio Berlusconi perché adotta politiche di respingimento violento contro gli extracomunitari. Odio Berlusconi perché vuole costruire centrali nucleari, perché fa leggi che favoriscono i ricchi evasori fiscali mentre io pago le mie tasse fino all'ultimo lupino, perché fa leggi per salvarsi il culo senza riguardo agli "effetti collaterali" sull'intero sistema giudiziario. Lo odio perché favorisce i ricchi e sfavorisce i poveri, perché mina la divisione dei poteri istituzionali per accentrare tutto il potere nelle sue proprie mani (un'altra volta per salvarsi il culo), perché non lavora per risollevare l'economia - e quindi l'occupazione -, e mentre io rischio la cassa integrazione, lui se la spassa con certe donnette.

Ecco, Tartaglia magari è un pazzo che ha compiuto un gesto isolato e le sue motivazioni non hanno niente a che vedere con tutto ciò, ma Berlusconi ha ragione. C'è un sacco di gente che lo odia. E come darle torto?

Doppia lingua

Questo blog è nato in doppia lingua. Ma dopo anni sono giunto alla conclusione che l'impegno che questo comporta non è ripagato da un vero interesse. Quindi, da ora in poi, nella versione in inglese metterò solo il titolo e una breve descrizione a tutti i post. Per chiunque fosse interessato aggiungerò il link alla versione italiana. Chiedete pure la traduzione.

venerdì 11 dicembre 2009

Ma dove diavolo è 'sta scala di legno?


Ingresso del Buco del Piombo
11 ottobre 2009
Lasciamo i cani a casa e noi partiamo per una bella escursione. Abbiamo trovato informazioni sulla rete per raggiungere la "scala di legno" dalla capanna Mara, ma decidiamo di percorrere l'itinerario a rovescio. Parcheggiamo l'auto ad Albavilla, vicino ad uno strano edificio, l'"Alpe del vicerè", fatto costruire appunto dal vicerè come stazione di rifornimento dei suoi cavalli. L'edificio fu poi trasformato in albergo, ed ora è rimasto un rudere in disfacimento . C'è un enorme parcheggio chiuso da una sbarra (pare che quando è aperto sia a pagamento). C'è spazio sufficiente, però, sul bordo della strada sterrata.
Da qui si percorre un'ampia carrozzabile in discesa, nel bosco di castagni. C'è molta gente, data la facilità del percorso, e l'attrattiva della meta. Il sentiero infatti finisce ad una scalinata di duecento gradini in pietra che porta al museo del Buco del Piombo. Si tratta di una grotta attrezzata in cui si fanno visite guidate. L'ingresso costa solo cinque euro, ma la nostra meta è un'altra. Chiediamo indicazioni alla guida, in attesa alla biglietteria, la strada per la scala di legno e la scala di ferro. Si tratta di un duplice raccordo tra due sentieri su diversi livelli di altitudine, tramite due scale a pioli. Già mi

Veduta della variante proveniente da Erba
vedevo salire con gambe tremanti per la mia avversione all'altezza, anche se la guida ci conforta sulla sicurezza. Oltre le scale ci dovrebbe essere una bella vista dell'"Orrido di Caino".

Seguendo le indicazioni della guida, quindi, ridiscendiamo e prendiamo una variante alla carrozzabile che giunge ad un ponte in pietra ("ponte Romano"). Qui il sentiero si divide in tre direzioni. La principale, appena prima del ponte, sembra tornare all'alpe del vicerè lungo un percorso alternativo. Da una seconda variante vediamo giungere dei ragazzi che ci dicono provenire direttamente dalla città di Erba. C'è un segnavia verso una terza direzione, che però non indica la scala di legno. Seguiamo questa alternativa ma giungiamo ad un punto morto. Si guada il fiume ma poi il sentiero si perde.
Sconsolati ritorniamo sui nostri passi, ripromettendoci di ritentare un'altra volta, magari seguendo alla lettera le indicazioni del web.

Andata e ritorno:
  • Tempo: 3:47
  • Distanza: 17.1km
  • Dislivello: 666m
  • Altitudine: tra 442m e 864m
  • Traccia GPS dell'escursione.
    A: Alpe del Vicerè; B: Buco del Piombo; C: ponte 'Romano'; D: guado
    Statistiche cumulative dall'inizio dell'anno:
  • Tempo totale: 30:20
  • Distanza: 118.39km
  • Dislivello: 6188m
  • Altitudine minima: 343m
  • Altitudine massima: 1550m
  • mercoledì 18 novembre 2009

    Il Mago Linguaggio e le parole a capocchia

    Il Mago Linguaggio e le parole a capocchia

    C'era una volta un pianeta chiamato Terra. Si chiamava Terra anche se, a dire il vero, c'era più acqua che terra su quel pianeta.
    Gli abitanti della Terra, infatti, usavano le parole in modo un po' bislacco. Prendete le automobili, per esempio. Quel coso rotondo che si usa per guidare, loro lo chiamavano "volante", anche se le macchine non volano affatto! Non sarebbe più logico chiamarlo "guidante", oppure "girante", visto che serve per girare?
    Anche sulle cose importanti si faceva spesso molta confusione. Si parlava spesso di "diritti": il diritto all'istruzione per esempio significava che tutti i bambini avrebbero potuto (e dovuto!) andare a scuola.
    Il diritto alla salute poi, avrebbe dovuto significare che chiunque, ferito, oppure malato, doveva avere la possibilità di andare in ospedale.
    Ma per chi viveva in un paese senza scuole, oppure a causa della guerra non poteva uscire di casa, oppure chi non aveva i soldi per pagare l'ospedale (e questo, nei paesi poveri, è più la regola che l'eccezione), questi diritti erano in realtà dei rovesci: non valevano un fico secco.
    Siccome non valevano per tutti ma solo per chi se li poteva permettere, queste cose non erano diritti: erano diventati privilegi, e cioè vantaggi particolari riservati a pochi...
    A volte, addirittura, i potenti della terra chiamavano "operazione di pace" quella che, in realtà, era un'operazione di guerra: dicevano proprio il contrario di quello che in realtà intendevano.
    E poi, sulla Terra, non c'era più accordo fra gli uomini sui significati: per alcuni ricchezza significava avere diecimila miliardi, per altri voleva dire avere almeno una patata da mangiare.
    Quanta confusione! Tanta confusione che un giorno il Mago Linguaggio non ne potè più.
    Linguaggio era un mago potentissimo, che tanto tempo prima aveva inventato le parole e le aveva regalate agli uomini.
    All'inizio c'era stata un po' di confusione perché gli uomini non sapevano come usarle, e se uno diceva carciofo, l'altro pensava al canguro, e se uno diceva spaghetti l'altro intendeva gorilla, e al ristorante non ci si capiva mai.
    Allora il mago Linguaggio appiccicò ad ogni parola un significato preciso, cosicché le parole volessero dire sempre la stessa cosa, e per tutti.
    Da allora il carciofo è sempre stato un ortaggio e il gorilla un animale peloso, e non c'era più il rischio di trovarsi per sbaglio nel piatto un grosso animale peloso, con il suo testone coperto da sugo di pomodoro.
    Questo lavoro, di dare alle parole un significato preciso, era costato al mago Linguaggio un bel po' di fatica.
    Adesso, vedendo che gli uomini se ne infischiavano del suo lavoro, e continuavano ad usarle a capocchia, decise di dare loro una lezione.
    "Le parole sono importanti – amava dire -, se si cambiano le parole si cambia anche il mondo, e poi non ci si capisce più niente.".
    Una notte, dunque, si mise a scombinare un po' le cose, spostando una sillaba qui, una là, mescolando vocali e consonanti, anagrammando i nomi. Alla mattina, infatti, non ci si capiva più niente.
    A tutti gli alberghi di una grande città aveva rubato la lettera gi e la lettera acca, ed erano diventati... alberi! Decine e decine di enormi alberi, con sopra letti e comodini e frigobar, e i clienti stupitissimi che per scendere dovevano usare le liane come Tarzan.
    Alle macchine aveva rubato una enne, facendole diventare macchie, e chi cercava la propria automobile trovava soltanto una grossa chiazza colorata parcheggiata in strada.
    Alle torte, invece, aveva aggiunto una esse, ed erano diventate tutte... storte, e cadevano per terra prima che i bambini se le potessero mangiare. Erano talmente storte che non erano più buone nemmeno per essere tirate in faccia.
    Nelle scuole si era divertito ad anagrammare, al momento dell'appello, la parola presente, e se prima gli alunni erano tutti presenti, ora erano tutti serpenti, e le maestre scappavano via terrorizzate.
    Poi si era tolto uno sfizio personale: aveva eliminato del tutto la parola guerra, che aveva inventato per sbaglio, e non gli era piaciuta.
    Così un grande capo della terra, che in quel momento stava per dichiarare guerra, dovette interrompersi a metà della frase, e non se ne fece nulla.
    Inoltre aveva trasformato i cannoni in cannoli, siciliani naturalmente, e chi stava combattendo si ritrovò tutto coperto di ricotta e canditi.
    Andò avanti così per alcuni giorni, con le scarpe che diventavano carpe e nuotavano via, i mattoni che diventano gattoni e le case si mettevano a miagolare, il pane che si trasformava in un cane e morsicava chi lo voleva mangiare.
    Quanta confusione! Troppa confusione e gli uomini non ne potevano più.
    Mandarono quindi una loro delegazione, a chiedere che rimettesse a posto le parole, e con loro il mondo.
    "E va bene – disse Linguaggio – ma solo ad una condizione: che cominciate ad usare le parole con il loro giusto significato.
    I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti altrimenti chiamateli privilegi. Uguaglianza deve significare davvero che tutti sono uguali, e non che alcuni sono più uguali di altri. E per quanto riguarda la guerra...".
    "Per quanto riguarda la guerra – lo interruppero gli uomini – ci abbiamo pensato... Tienitela pure, è una parola di cui vogliamo fare a meno.".

    Cecilia Strada

    Cecilia Strada è la figlia di Gino Strada e Teresa Sarti, fondatori dell'organizzazione Emergency che ha come missione di offrire assistenza medica nei paesi straziati dalle guerre.
    Qui ho tentato una traduzione in inglese, con l'aiuto di Rowena. Come si può immaginare tradurla è stato piuttosto difficile, visto che i giochi di parole non corrispondono tra le due lingue. Spero che Cecilia Strada non me ne voglia se ho dovuto apporre alcuni cambiamenti alla versione inglese nell'intenzione di conservare il significato generale.

    venerdì 23 ottobre 2009

    Primarie del PD

    Domenica ci saranno le elezioni primarie del PD. Io voterò per Ignazio Marino, per le ragioni che ho descritto qualche tempo fa in questo post.
    Condivido tutte le argomentazioni elencate da Artemisia sul suo blog.

    Buon voto a tutti.

    sabato 10 ottobre 2009

    E due!


    10/10/2007

    giovedì 8 ottobre 2009

    Prendi questa, Berlusconi!


    Questa foto l'ho presa dal blog dell'amico Silvano.
    La bocciatura del lodo Alfano merita profonde e complesse considerazioni politiche.
    Nel frattempo questo panda, animale in estinzione come la democrazia in Italia, si bea con una bella scoreggia alla faccia di Berlusconi.

    venerdì 25 settembre 2009

    La Valle d'Aosta e la vacca


    Teteun
    La vacca è l'animale simbolo della regione Valle d'Aosta. Qui, infatti, l'allevamento della vacca è molto diffuso, e i prodotti di origine bovina sono particolarmente pregiati. Latte, formaggi, carne.
    In quella regione abbiamo assaggiato per la prima volta una specialità ottenuta da un insolito taglio: il "Teteun", cioe' la mammella [pronuncia tetén, dove entrambe le e suonano più come il dittongo vocalico nell'inglese "bird" o nel francese "beuf" o nel tedesco "Köln"].
    Durante le vacanze dello scorso agosto siamo andati alla sagra dedicata a quel prodotto nella cittadina di Gignod, la "la Fëta di Teteun", e l'abbiamo assaggiato in tre diversi modi: bollito, stufato con salsa di pomodoro e affettato sottile come un prosciutto cotto. Mi aspettavo di mangiare qualcosa di duro e nodoso. Invece la carne è molto tenera, un po' spugnosa, molto simile al prosciutto cotto. Come spesso capita con la cucina regionale di tradizione, questo tipo di alimento prende origine dall'esigenza di non sprecare alcuna parte commestibile dell'animale.


    Bataille des Reines
    Parlando di vacche, abbiamo avuto il piacere di assistere ad un altro evento tradizionale: le "Batailles de Reines" [le battaglie delle regine]. Come la signora del nostro bed and breakfast ci ha spiegato, le vacche di una mandria, in mancanza di un toro dominante, allo stato brado tendono naturalmente a combattersi l'una l'altra per stabilire una gerarchia, in testa alla quale c'è la Regina. Questi combattimenti, simbolici, e mai cruenti, sono tuttavia molto spettacolari. Terminano quando una delle due contendenti si sottomette all'altra, platealmente fuggendo dalla spinta della fronte dell'avversaria.
    L'evento delle "Batailles de Reines" è il campionato di combattimenti tra regine di diverse mandrie, organizzato come una competizione ad eliminazioni. Noi siamo andati ad una giornata delle eliminazioni, dove circa 100 vacche di diversi produttori erano divise in coppie. In un grande spazio circolare avevano luogo tre diversi combattimenti contemporaneamente. Il tifo era molto sostenuto. La cosa più strana era il linguaggio parlato dallo speaker: il dialetto locale, che suonava un po' come un misto di italiano e francese. Evidentemente lo spettacolo era rivolto agli spettatori locali.
    Sfortunatamente non c'è stato modo di vedere le finali, che si sarebbero disputate l'11 ottobre ad Aosta, in una arena coperta dedicata. Dicono che questo appuntamento annuale è in genere un evento molto sentito dagli aostani.

    Altre informazioni su questi eventi su Rubbah Slippahs in Italy, qui e qui.

    giovedì 17 settembre 2009

    San Marco - Valcava


    Vista
    Questa escursione era piuttosto ovvia, per noi. Infatti è sufficiente uscire di casa e cominciare a camminare in salita.
    Per raggiungere il paesino di Valcava in cima alla montagna, si può procedere sulla strada asfaltata, ma questa via non è bellissima durante gli weekend di bel tempo, perché è invasa da orde di milanesi in cerca di paesaggi bucolici.
    Ci sono però molte alternative per raggiungere quella destinazione su sentieri escursionistici, tagliando i tornanti della strada o superandoli su percorsi più scostati.

    La prima volta che ci abbiamo provato (17 agosto), sia noi sia i cani un po' fuori forma, a metà strada abbiamo deciso di ritornare, stanchi per la mancanza di esercizio e per il caldo torrido di quel giorno. Abbiamo camminato sulla strada asfaltata, ed è stato piuttosto facile, ma un po' faticoso nell'ultimo chilometro dove la salita è davvero ripida (18%).

    Dopo un paio di settimane (5 settembre), di ritorno dalle vacanze, abbiamo tentato la seconda parte, parcheggiando l'auto esattamente alla fine dell'escursione precedente. Questa volta, cercando di evitare la strada asfaltata, abbiamo subito trovato un bel sentiero segnato. Questa parte è risultata molto più interessante, attraverso campi e boschi, con alcune vedute impossibili da cogliere dall'auto. Ad un certo punto ci siamo

    Lavatoio
    imbattuti in un incrocio di diversi sentieri dove c'è un lavatoio in pietra alimentato da acqua sorgiva, ancora in uso.
    Questa volta abbiamo raggiunto Valcava, la meta, senza utilizzare la strada asfaltata.

    Domenica scorsa (13 settembre) abbiamo tentato l'intera escursione. Per salire abbiamo camminato esattamente sulla stessa via delle precedenti escursioni. Per ritornare abbiamo cercato di rimanere sui sentieri. La parte centrale, davvero ripida sulla strada, è ancora peggio sul sentiero, e questa, in effetti, è la sola parte un po' dura di tutta l'escursione.
    Sfortunatamente durante la discesa la batteria del mio GPS è morta. Proprio quando ne avevamo bisogno, infatti ad un bivio abbiamo preso la direzione sbagliata. La deviazione è stata di un paio di chilometri, fortunatamente abbastanza in piano.
    Il sentiero che abbiamo percorso e' contrassegnato dal segnavia numero 821. In alcuni punti pero' la direzione non e' del tutto chiara.

    Prima escursione
    Andata:
  • Tempo: 1:03
  • Distanza: 3.95km
  • Dislivello: 285m (302m in salita e 17m in discesa)
  • Altitudine: tra 681m e 1008m
  • Ritorno (sullo stesso percorso)
  • Tempo: 1:01

  • Seconda escursione
    Andata:
  • Tempo: 0:52
  • Distanza: 2.73km
  • Dislivello: 256m (266m in salita 10m in discesa)
  • Altitudine: tra 1000m e 1266m
  • Ritorno (sullo stesso percorso)
  • Tempo: 0:42

  • Terza escursione
    Andata:
  • Tempo: 1:59
  • Distanza: 7.14km
  • Dislivello: 585m (612m in salita e 27m [89'] in discesa)
  • Altitudine: tra 681m e 1266m
  • Ritorno (sul percorso alternativo, all'incirca con la stessa distanza e altitudine)
  • Tempo: 2:00
  • Traccia GPS delle escursioni.
    A: partenza a San Marco; B: lavatoio; Z: arrivo a Valcava
    In rosso la prima escursione, in verde la seconda. In azzurro le scorciatoie sui sentieri praticate al ritorno della terza escursione. In giallo l'involontaria deviazione (le tracce gialla e azzurra non sono registrate dal GPS ma ricostruite sulla mappa)
    Statistiche cumulative dall'inizio di quest'anno:
  • Tempo totale: 26:33
  • Distanza: 101.29km
  • Dislivello: 5522m
  • Altitudine minima: 343m
  • Altitudine massima: 1550m
  • venerdì 11 settembre 2009

    Perché votare Ignazio Marino alle primarie del Partito Democratico

    Mi ritengo di Sinistra da quando ho l'età della ragione, ma sono molto critico nei confronti del Partito Democratico sin dalla sua fondazione.
    La mia avversità al PD sta nelle sue radici. I suoi Padri Fondatori, tramite il "Corro da Solo" di Veltroni, sono riusciti a costruire un grande partito facendo man bassa dei voti di Sinistra. L'hanno fatto cavalcando un sistema elettorale da tutti riconosciuto profondamente ingiusto (tanto che il suo stesso inventore, Roberto Calderoli, l'ha definito "Porcellum"). Ed hanno approfittato del "voto utile", cioè della consapevolezza degli elettori di Sinistra della necessità di arginare la deriva fascista verso cui il paese già stava navigando a vele spiegate. L'elettore di Sinistra ha preferito quindi far confluire la forza del proprio voto nel PD piuttosto che disperderlo in un partito minore, cosa che, grazie al perverso Porcellum, avrebbe finito per favorire Berlusoconi e i suoi camerati.
    Volendo ben guardare, per il PD, utilizzare questo meccanismo perverso non sarebbe nemmeno una cosa poi così scandalosa, se, oltre che approfittare dei voti di quegli elettori, si fosse anche fatto carico di rappresentare i loro valori.
    E invece no. Il PD non si è mai preso la responsabilità di dare una nuova voce ai valori della Sinistra. Ai più, come me, è sembrata piuttosto un ricettacolo di poltrone che consentissero un soffice appoggio ai grassi sederi di coloro che erano già ben comodi nei partiti da cui il PD si era originato. Il PD non ha mai preso posizione, proprio quando il Paese ne aveva più bisogno, ed ha temporeggiato fino ai giorni nostri nella colpevole incapacità di dare una qualunque alternativa al fascismo Berlusconiano.

    È quindi evidente a tutti che la vecchia leadership non rappresenta più la Sinistra, e proprio per questo, anche senza tenere conto del ragionevole sospetto di collusione col "nemico", dovrebbe togliersi di mezzo e lasciare il posto a nuove proposte. Evidentemente per quei vecchi leader è più importante

    Ignazio Marino
    conservare il culo al caldo sul loro soffice trono, che agire per il bene degli Italiani.
    Nella tanto ammirata Democrazia Americana, del resto, fanno proprio così: rispettosi saluti a chi perde. Personalmente, mi piaceva tantissimo Al Gore. Che, tra l'altro, perse per una manciata di voti in elezioni il cui esito rimase piuttosto sospetto. Ma se non si fosse fatto da parte, l'America non avrebbe mai avuto Obama - e dubito che Gore, al suo posto, sarebbe stato in grado di battere McCain correndo da perdente!
    Lungi da me paragonare Ignazio Marino, candidato alla segreteria del PD, a Barack Obama. Ma è chiaro che mentre Franceschini e Bersani hanno già evidentemente perso contro Berlusconi, cosa che lascia presagire che ancora lo faranno alle prossime politiche, Marino rappresenta il Nuovo Corso. E questa considerazione è valida senza nemmeno dare un occhio al suo programma.
    Leggendolo, poi, si rimane stupiti per la forza delle sue prese di posizione: una novità assoluta nel contesto del PD. Ancor prima di valutarne i contenuti, che, per altro, trovo ragionevoli e condivisibili per chiungue si ritenga "di Sinistra".

    Infatti, gli organi di informazione italiani, totalmente controllati a Berlusconi, pubblicizzano le primarie del PD come un duello tra Franceschini e Bersani, senza lasciare alcuno spazio mediatico a Marino. Evidentemente perché a Berlusconi fa più comodo comodo un avversario che accetti di non contraddirlo mai in cambio di una convivenza pacifica nel teatrino dei burattini.

    Insomma, mi pare che i Democratici convinti dovrebbero sostenere Marino, auspicando che, una volta vinte le primarie, riesca a sconfiggere Berlusconi alle politiche, là dove gli altri della dirigenza del PD hanno sempre fallito in passato. Né hanno preso alcun provvedimento per cercare di non fallire di nuovo.
    Quelli che invece come me confluiscono nel PD come "voto utile" dovrebbero preferire Marino nella speranza che vengano finalmente a crearsi le condizioni per conciliare i valori di tutta la Sinistra in un'unica forza politica, in grado quindi di rappresentarli. E anche qui la vecchia leadership ha fallito.
    Direi che Marino come segretario del PD dovrebbe piacere anche ai simpatizzanti dell'Italia dei Valori. Questo partito infatti difficilmente può aspirare a governare da solo o a trovarsi alleati diversi dal PD. È certamente meglio quindi rapportarsi ad una forza che abbia obiettivi chiari piuttosto che all'accozzaglia di interessi di chi finisce per fare il portaborse di Berlusconi.

    Dario Franceschini e
    Pier Luigi Bersani
    Evidentemente la dirigenza del centro-destra ha come interesse una opposizione "asservita" come quella di Franceschini o Bersani, ché la debolezza dell'opposizione va di pari passo con la forza della maggioranza.
    Ma, se fossi un elettore di centro-destra, credo che preferirei una opposizione minoritaria ma efficiente, che tenda a fare il bene dei cittadini, anche se con metodi diversi. E che quindi incalzi il centro-destra a fare sempre il meglio per gli Italiani (del resto è proprio questo il compito dell'opposizione, no?).

    Insomma, dovrebbe essere interesse di qualunque elettore avere oppositori leali e onesti, no?
    Alla fine credo che Marino come guida del nuovo PD sia un bene per tutti gli Italiani, esclusi i politicanti e i corrotti di vario genere.

    Il mio contributo a che ciò avvenga sarà di votarlo alle primarie il 25 ottobre. Le elezioni sono aperte anche ai non iscritti, al costo di 2 euro come copertura per le spese.
    Il meccanismo per l'elezione del Segretario, però, è piuttosto complicato. Ecco qui il regolamento.
    Quel che ho capito è che il voto è consentito a qualunque cittadino italiano, comunitario o extracomunitario con permesso di soggiorno valido. Ma pare proprio che queste elezioni siano decisive solo se uno dei candidati supera il 50% dei voti, risultato che non è realistico auspicare per Marino. In caso contrario il segretario viene scelto tra i più votati tramite un voto a scrutinio segreto riservato all'Assemblea Nazionale. E quindi Marino perderà, nel qual caso credo che il PD dovrà rinunciare al mio voto.

    Ma già una maggioranza relativa, o anche solo un buon successo di Marino potrebbe rappresentare un segnale di cambiamento e una indicazione della volontà dell'elettorato - che, questa volta, i soliti Dinosauri non potranno ignorare.

    Alla fine, ritengo che il regime fascista e corrotto in cui l'Italia sta preoccupantemente precipitando sia innanzitutto una gravissima responsabilità della Sinistra, che non ha saputo né voluto offrire una alternativa presentabile. Credo che Ignazio Marino sia una occasione per rimediare.

    mercoledì 9 settembre 2009

    Daniele Bonfanti: L'Eterno Sogno

    Vedendolo così, di primo acchito, sembra un bel libro.
    Minimalista, direi. Tutto nero, con una lieve irregolare sfumatura nella metà inferiore e, in grigio, solo il titolo "L'Eterno Sogno" in quella superiore, con un font semplice.
    Sulla costa c'è di nuovo il titolo, con il nome dell'autore, Daniele Bonfanti oltre al logo della casa editrice Lulu.
    Nella quarta di copertina stona un po' il riquadro bianco con il codice a barre, ma nel complesso non è male. Com'è consuetudine ci sono riportate delle brevi annotazioni che descrivono l'autore e il romanzo.
    Queste annotazioni sembrano scritte direttamente dall'autore stesso e non si tratta, come avviene di solito, di citazioni da recensioni.
    E con che autocelebrazione, poi!
    La prima, posta in evidenza in corsivo, sembra una battuta nel contesto di un'intervista:
    "Qualcuno dice che il fantasy è 'letteratura di serie B'... Credo che Omero si stia rivoltando nella tomba.".
    Se con "fantasy" si intende un genere i cui personaggi sono elfi, nani e simili, a me pare di non aver mai sentito nessuno permettersi di definire... chessò... la trilogia di Tolkien "letteratura di serie B". Sarebbe come ridurre i Promessi Sposi a un romanzetto rosa, o la Divina Commedia all'omelia di Don Camillo.
    Forse Bonfanti si riferisce ad alcuni detrattori di un filone letterario un po' più "leggero".
    Non so se ha molto senso far ricadere in un unico calderone cose come L'Eterno Sogno, Il Signore degli Anelli, le favole dei fratelli Grimm, la saga di Shrek, i Puffi e l'Odissea. Certo, tutte queste opere raccontano di personaggi di fantasia (quindi sono Fantasy?!?), ma accomunarli mi pare giusto un po' pretenzioso.

    Va be'... Non si vorrà mica giudicare un libro dalla quarta di copertina! Soprattutto dopo che la facciata e la costa sono uscite così bene dalla mia precedente analisi.

    Uno dei "diritti del lettore" sanciti da Daniel Pennac ["Come un Romanzo" (1992)] parla della libertà di abbandonare la lettura di un libro in qualunque momento.
    A me, però, non piace approfittare di questo diritto. Per la verità c'è qualche libro che ho smesso di leggere ben prima della fine. Per esempio "Così Parlò Zarathustra" di Nietzsche l'ho piantato lì alla prefazione, oppure di "Kant e l'Ornitorinco" di Eco non sono riuscito a superare il capitolo 1. Ma in questi casi, ed in altri simili, la ritirata l'ho battuta per ammissione di incapacità (o per riconosciuto eccesso di superbia al momento di intraprendere la lettura). I libri erano troppo difficili per me, e la loro comprensione avrebbe potuto richiedere più energie di quanto fossi in grado di spendere, nell'incertezza di riuscire nell'impresa.
    Mai invece mi è capitato di lasciare un libro perché non l'apprezzassi.
    Perché se la lettura mi appassiona, non c'è ragione di smettere. Se invece non mi piace, rimane la curiosità, o almeno la speranza che, continuando a leggere, più in là si faccia più interessante.

    Questo è un libro che, leggendolo, non mi è piaciuto, ma per inerzia l'ho finito sperando di trovare qualcosa per cui ne valesse la pena.
    Invano.

    Il linguaggio è pesante, lo stile è noioso, addirittura il vocabolario è limitato e pedante. È sorprendente notare, ad esempio, l'uso massiccio e ingiustificato dei verbi "emergere" e "riemergere" (considerando anche che si finisce in acqua in un solo episodio di tre o quattro pagine!). Nel mondo di Daniele Bonfanti i personaggi emergono dall'erba, dal sonno, dalla battaglia, dalla caverna. Le orecchie degli elfi emergono dai loro capelli e la Luna emerge dalle montagne!
    I personaggi sono descritti solo approssimativamente, e questo ce lo si porta fino alla fine del libro. Il drago protagonista, ad esempio, non sono riuscito ad immaginarmelo gran che diverso da Wally Gator di Hanna-Barbera. Che, davvero, in un contesto drammatico come quello del libro, risulta del tutto inconsistente. Specie quando flirta con la gattina tutta tenerezza dai begli occhioni verdi.
    La storia poi! una serie di avventure scorrelate tra loro, assolutamente senza significato metaforico e inutili allo svolgimento della trama principale. Giusto per dare un po' di movimento alla narrazione.

    Gli eroi del romanzo sono quattro draghi, due elfi, due kennin (una sorta di gatti), un nano, un lerlet (rettile bipede e cornuto) e un... mmmh... boh... un tipo incappucciato. Dopo aver percorso la Via seguendo il soffio del Vento dell'Ovest, trucidando in malo modo un manipolo di bogolidi e goblin, creature malvage e disgustose, arrivano quindi alla Città Grigia dove si alleano con altri bogolidi e goblin per combattere gli elfi e i nani che, a sorpresa, costituiscono l'armata dei cattivi. Parti invertite, dunque. Perché? Boh!
    Il tutto si risolve con il duello finale tra il drago Xaas e il mago. Tra magie e sortilegi quest'ultimo non riesce a fronteggiare la forza bruta e muore nel modo più concreto: decapitato da un morso con un'ascia in petto. Chissà se almeno questa scelta non abbia una simbologia che io non riesco a cogliere!

    Alla fine il drago riesce sì a richiudere la porta magica, da cui avrebbe potuto uscire l'elemento dell'acqua per inondare il mondo. Ma non riesce a distruggerla, come avrebbe dovuto. Il che lascia intuire la futura pubblicazione di una seconda parte della storia.
    Aenasyan ce ne scampi!

    Ecco qui un esempio tratto dal libro, dove Bonfanti ci onora della sua teologia da bar Sport.
    Personaggi: l'elfo Aelorn; la kennin Aina; i draghi Dhrek, Xaas e Kab; il nano Ghrun.
    (...)
    Aelorn chiese a Aina: "Ma come un solo dio? Io credo che quello che tu chiami Leone di Fiamma potrebbe essere il vostro Spirito Guida. Ma non può essere che esista soltanto il vostro, è assurdo."
    Aina sorrise. "Forse quello che tu chiami Aenasyan e quello che io chiamo Leone di Fiamma sono la stessa cosa, che si mostra con volti diversi."
    Aelorn rifletté. "Potrebbe essere come dici. Ma gli altri Spiriti? Ce ne sono centinaia, quanti sono i fiumi e le montagne e le foreste."
    Aina scosse la testa. "Noi crediamo che soltanto il dio Sole sia il creatore, e che abbia schiere di demoni a proteggere la sua creazione."
    Aelorn annuì, ragionando febbrilmente. "Forse questi 'demoni' sono gli Spiriti..."
    Dherk chiese, visibilmente incuriosito, rivolto a Aina: "Da quanto dici, questo 'Leone di Fiamma' può fare quello che gli pare. È così?"
    "Tutto ciò che vuole, e cioè ciò che è bene e ciò che è giusto."
    Xaas scosse la testa. "E perché non lo fa?"
    "Cosa intendi?"
    "Ti sembra 'bene' tutto questo?"
    "Forse vuole metterci alla prova."
    "Complimenti. Bel dio buono. Si diverte a metterci alla prova e per farlo ha proprio bisogno di far morire Kab e Ghrun. Per vedere cosa?"
    "Chi può dirlo... Lui è talmente grande che il suo volere per noi è incomprensibile, a volte..."
    "E allora, se non lo capisci, come fai a dire che è buono, giusto, e tutte quelle cose?"
    Aina non ebbe esitazioni. "Per fede."
    "Fede? Uno la fiducia dovrebbe meritarsela. Non do fiducia a uno che fa morire i miei amici per mettermi alla prova. Comunque il tuo ragionamento non ha senso. Dici che questo dio vuole il bene. Ma il bene di chi?"
    "Di tutti."
    "Ma non ha nessun senso. Ciò che è bene per me sarà il male per un altro. Per noi è bene uccidere il mago, ma certamente lui non è d'accordo. Non trovi?"
    "Ma c'è un bene assoluto. E un giusto assoluto."
    "E chi le stabilirebbe queste belle cose?"
    "Il dio Sole, naturalmente"
    "Naturalmente. Allora che le stabilisca per sè. Io preferisco scegliere da solo, senza che mi dicano cosa devo fare, e cosa non devo fare."
    (...)
    Per essere sinceri, a me non piace molto parlare male delle cose che non mi piacciono. Preferisco parlare bene di quelle che mi piacciono.
    Ma in questo caso, davvero, l'irritazione per aver sprecato del tempo prezioso è tale da indurmi a rivedere la mia personale interpretazione dei diritti del lettore. La speranza che il seguito diventi interessante non è una buona ragione per continuare a leggere.

    lunedì 7 settembre 2009

    La Clusaz


    Scorcio dal sentiero
    La Via Francigena è un itinerario segnato dai pellegrini di mezza Europa nell'eroica impresa di raggiungere Roma fin dalla lontana Canterbury in Inghilterra.
    Dopo l'attraversamento della Francia, per superare le Alpi, il percorso si biforca. Una variante raggiunge l'attuale Piemonte, precisamente in Val Susa, superando il passo di Montgenèvre. La strada maestra invece, passando per la Svizzera, raggiunge la Valle d'Aosta valicando il passo del Gran San Bernardo. Da qui, dopo essere scesa più a valle, risale a costeggiare la Statale, procedendo verso Aosta.
    La Via Francigena è raggiungibile parcheggiando l'auto sulla Statale.


    Io, Mr.B e Maddie
    in cammino
    Noi ci siamo arrivati da un sentiero che parte dal parcheggio del ristorante La Clusaz, nella omonima frazione di Gignod. Dopo una breve salita si raggiunge la Via. Un canaletto costeggia e rinfresca tutta l'escursione. Si cammina in piano e senza alcuna difficoltà, parallelamente alla Statale. Ad un certo punto si attraversa una strada asfaltata proprio su un tornante. Da qui il sentiero si scosta un poco dal percorso della Statale e si inoltra nella campagna, tra macchie e campi coltivati. Si raggiunge quindi un ponte su un ruscello accanto ad un pilone votivo. Riavvicinandosi alla statale si incontra un'altra strada asfaltata. Qui abbiamo deciso di fare ritorno, anche per non affaticare troppo Maddie alla sua prima escursione dall'operazione al legamento crociato.

    Il percorso è decisamente facilissimo e percorrerlo dà un senso di pace, nel bosco verdeggiante accanto al ruscelletto.

    Andata:
  • Tempo: 1:16
  • Distanza: 7.63km
  • Dislivello: 28m (335m in salita e 307m in discesa)
  • Altitudine: tra 1184 e 1301
  • Ritorno (sullo stesso percorso)
  • Tempo: 1:09
  • Traccia GPS dell'escursione.
    A: partenza; B: ponticello e pilone votivo; Z: arrivo
    Statistiche cumulative dall'inizio dell'anno:
  • Tempo totale: 18:56
  • Distanza: 73.65km
  • Dislivello: 4288m
  • Altitudine minima: 343m
  • Altitudine massima: 1550m
  • mercoledì 2 settembre 2009

    Teresa Sarti


    (foto rubata a devex)
    Teresa Sarti ci ha lasciato.

    Era nella top ten di una classifica che volevo stilare su questo blog.
    Una classifica di eroi silenziosi, il cui passaggio nel mondo scava una traccia nella terra, profonda anche se appena sussurrata nel chiasso generale di quel circo che è la nostra società.

    L'eco pacata della sua vita non morirà mai.
    Teresa Sarti è ancora nella top ten della mia classifica.

    Teresa ha fondato nel 1994, insieme al marito Gino Strada, l'associazione Emergency, e da allora ne è presidente.

    lunedì 31 agosto 2009

    La Maison du Fromage


    Fontina

    Bleu d'Aoste

    Capriolo

    Grotta
    Quando uno entra in una fromagerie quello che più colpisce è l'odore.
    Io adoro il formaggio, e non capirò mai quelli che definiscono "puzza" questo magnifico aroma.
    Dall'odore, prima ancora che dalla vista, si riconosce una fromagerie francese da una italiana. Ché ai francesi piacciono di più i formaggi molli di capra, gli italiani invece prediligono quelli duri o semiduri, di vacca o di pecora. In Francia il profumo è più dolce e sa di latte, in Italia prevale un odore pungente di cantina, di muffe e di fieno.

    Qui alla Maison du Fromage di La Thuile (Ao) c'è però un profumo diverso. La maggior parte dei formaggi proposti è di produzione locale, ma hanno anche qualcosa di provenienza francese e di altre parti d'Italia. Sono esposti anche alcuni formaggi di lungo invecchiamento. Ciò che ne risulta è quindi un giusto mix di profumi di culture diverse.

    La fa da padrone ovviamente la Fontina di questa zona.
    La Fontina che conoscevo era il prodotto che viene commercializzato comunemente nei supermercati, e lo consideravo un formaggio un po' "banale". Elastico, un po' piccante ma senza una spiccata personalità.
    Qui alla Maison invece mi hanno proposto una Fontina invecchiata che non somiglia nemmeno vagamente quella che conoscevo, ne' come colore (giallino tendende al bruno, con crosta irregolare di muffe scure), ne' come consistenza (semiduro, burroso e per nulla elastico), ne' come odore (amaro, forte e pungente), ne' come sapore (deciso, amaro e piccante, con una nota di mandorla). Con un assaggio mi hanno convinto a prenderne una bella fetta.
    Abbiamo acquistato anche una fetta di Bleu d'Aoste, dalle bellissime venature di muffe blu, consistente e burroso, piccante, e un paio di formaggi che non conoscevo: il Grotta, più duro e stagionato, friabile, sapore forte, e il delizioso Capriolo, formaggio fresco molle di latte misto caprino e vaccino, sapore intenso e piccante.

    Alla Maison ci sono anche altri prodotti alimentari. Abbiamo acquistato del lardo d'Arnad e del latte fresco. Una barretta di cioccolato bianco in omaggio.

    La Maison du Fromage
    via Collomb, 10
    11016 - La Thuile (Ao)

    mercoledì 26 agosto 2009

    Saint Leonard


    Saint Leonard

    La Vieille Cloche
    Eccomi di ritorno da una breve (solo quattro giorni) ma intensa vacanza in Valle d'Aosta.

    Abbiamo alloggiato al bellissimo Bed and Breakfast La Vieille Cloche, a Saint Leonard, piccola frazione di Saint Rhémy en Bosses.
    Il Bnb propone diverse soluzioni, noi abbiamo preferito l'appartamento, perché consente l'utilizzo della cucina, anche se la colazione in questo caso non è compresa. I quattro giorni sono costati 330 euro (80 per notte più 10 di pulizie finali), i cani sono ammessi. Dal prezzo è escluso anche l'uso di lenzuola e asciugamani, che abbiamo pensato bene di portare da casa, ma che è possibile affittare in loco.
    A Saint Leonard, oltre al Bnb, c'è un bar (il cappuccino è buono, ma le brioches sono quelle finte del Mulino Bianco), un ufficio postale, una chiesa, il castello e qualche casa privata. Si trova poco prima del traforo del Gran San Bernardo, appena dopo il bivio con la strada che porta al passo, confine con la Svizzera.
    Allo svincolo c'è un ristorante-pizzeria, un piccolo supermercato e una prosciutteria (questa è la zona del famoso jambon de Bosses). Il paesino e le campagne circostanti sono molto tranquilli e silenziosi, nonostante la vicinanza con la statale.
    Il paesino di Saint Rhemy, poco più sopra, lungo la strada del passo, è un po' più grande e caratteristico, e c'è l'albergo-ristorante Hotel Suisse, segnalato dalla guida dello SlowFood, dove abbiamo già alloggiato (e cenato!) qualche anno fa.

    Durante questa vacanza abbiamo visto molte cose interessanti, argomenti di qualche prossimo post. Abbiamo fatto anche una bellissima escursione, in verità piuttosto breve e abbastanza facile anche per Maddie, ancora convalescente dall'operazione al legamento crociato.

    mercoledì 5 agosto 2009

    Terrazzamenti

    Nella nostra casetta in mezzo al castagneto ci sono ben due piccoli giardini (purtroppo non comunicanti), di circa trentacinque metri quadrati ciascuno.

    Il progetto CAD
    Uno, accanto alla parte frontale dell'abitazione è ricavato all'interno di un muro di contenimento, ed è pianeggiante. Per lo più l'abbiamo adibito a prato, fiori e alberi da frutta, ma c'è anche qualche ortaggio ed erba aromatica.
    Coltiviamo ad orto invece il giardino posteriore. La cosa risulta piuttosto difficoltosa perché, data la zona montana nella quale abitiamo, il terreno è molto scosceso. Piano piano quindi stiamo facendo dei lavori che consentono di sfruttarlo meglio.
    Abbiamo cominciato questi lavori due anni fa, "disboscando" il terreno da mostruose ortiche e altre erbe matte, che hanno rivelato anche la base di un tronco di castagno abbattuto, da cui spuntavano nuovi germogli che abbiamo tagliato.
    Abbiamo poi attrezzato un piccolo sentiero a gradini e tornanti che consente di raggiungere agevolmente tutti i punti del giardino. Sono state piantate delle piante da frutto (un pero, un fico, un ciliegio e un nespolo). Nella parte più bassa, limitata da una parete di cemento armato, abbiamo livellato un'area che poi abbiamo setacciato dalle pietre e riempito con del terriccio buono e grasso stallatico. L'anno scorso abbiamo avuto un buon successo con la coltivazione di pomodori e altri ortaggi, anche se il lavoro è stato piuttosto difficile per via della pendenza. Per questo abbiamo quindi deciso di provvedere con terrazzamenti, che, oltre a rendere la coltivazione più agevole, aiutano a rallentare e limitare smottamenti causati dal maltempo.


    alcune fasi della costruzione
    Dato il successo di questa prima opera, in autunno provvederò a costruirne una seconda simile, un poco più grande.

    L'idea originaria, copiata da idee viste in altri giardini, era di fissare uno o due tronhi d'albero al terreno perpendicolarmente alla direzione della pendenza, formando una specie di scalino che consentisse un tratto di accumulo orizzontale. Il progetto si è poi evoluto nella costruzione di un vero e proprio "muro" di tronchi sovrapposti, alto circa cinquanta centimetri, lungo due metri, delimitato da altre due pareti laterali, lunghe circa un metro. Quel che ne è risultato è una specie di cassa di legno di due metri quadrati, aggrappata al declivio, perfettamente orizzontale.

    i pali di sostenimento sono ricavati da quattro tubi di acciaio lunghi un metro, materiale di recupero. Sporgono circa mezzo metro dal terreno e quindi sono stati interrati per mezzo metro. I tronchi sono in realtà sezionati a metà. Sono nove pezzi da due metri (sei per la parete frontale e tre, tagliati, per quelle laterali. Hanno un diametro di circa 8cm, e quindi l'altezza complessiva è di poco meno di 50cm. Sono costati 3.50€ l'uno a Leroy Merlin. Sono venduti già trattati in autoclave per uso esterno, ma ho preferito, per maggior sicurezza, verniciarli con un impregnante idrorepellente. I tronchi sono fissati ai pali con delle viti mordenti. La spesa totale è stata dunque di 31.50€ per il legno più circa 10€ di materiale vario.
    Il risultato finale, già piantumato e coperto da una rete protettiva contro la grandine.

    venerdì 31 luglio 2009

    Trattoria Lamarta


    Mappa del tragitto percorso (click per ingrandire)
    Ho una conoscienza abbastanza approfondita del lago di Como, soprattutto, visto che ci vivo, del ramo di Lecco (...che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli...).
    Nella mia infanzia ho passato parecchie estati sul lago Maggiore, e quindi conosco un po' anche quello.
    Ma il lago di Garda era ancora in parte una novità, per me. Sì, ci ero passato vicino, ho visitato alcune località della costa meridionale, Sirmione, Desenzano, Peschiera. Ma, anche se bagna anche la mia regione, una visita approfondita non l'avevo mai fatta.
    E così R, io, Maddie e Mr. Bentley, il weekend del 24-26 luglio, abbiamo iniziato a porre rimedio a questa grave lacuna con una breve vacanza a Gargnano.
    Due giorni non sono certo sufficienti per esaurire l'argomento, ma bastano per farsi un'idea di come organizzare una vacanza più lunga. Non solo sul lago, ma anche sulle circostanti montagne.
    Un po' per rifuggire dal caldo opprimente di quei giorni, un po' per il fascino che la montagna da sempre esercita su di noi, sabato sera abbiamo deciso di farci un giro in auto, anche con lo scopo di trovare delle mete per nuove escursioni su sentieri.
    Siamo stati piacevolmente sorpresi dal paesaggio davvero spettacolare, su una strada deserta (apparentemente ad anni luce dalle mete turistiche così frequentate del Garda). Abbiamo viaggiato su tornanti arrotolati tra gole e burroni, costeggiando anche il bellissimo laghetto artificiale di Valvestino, e attraversandolo su ponti mozzafiato.

    La strada parte dal lago di Garda e raggiunge il lago d'Idro. Evitando anche la concentrazione turistica di quest'ultimo ci siamo rifugiati un po' più sopra, a Treviso Bresciano. Anche perché, visto che quel giorno avevamo deciso di non cenare, dopo l'abbuffata del pranzo, cominciavamo a sentire l'esigenza di almeno uno spuntino. Le dita abili di R hanno cominciato a scorrere sulle pagine della guida dello SlowFood, trovando subito un'ottima osteria proprio qui, nella frazione Vico. La trattoria Lamarta.
    Qui siamo stati accolti con calore, nonostante si stava per chiudere (oltre le nove di sera, non c'era ormai più anima viva). Abbiamo ordinato mezzo litro di rosso della casa e un tagliere di salumi di loro produzione, davvero squisiti. In particolare erano ottimi il lardo e il prosciutto. Quest'ultimo poi, mi è stato rivelato che non era affatto prosciutto, ma costoletta di maiale stagionata.
    La simpatica signora si è intrattenuta a chiacchierare a lungo con noi. In particolare ero stupito di come un così bel ristorante potesse sopravvivere in un luogo così isolato da essere già deserto alle nove di sabato.
    La signora ci ha raccontato di come, ormai da tre generazioni, viene organizzato il ristorante. Tutti i cibi serviti sono esclusivamente di loro produzione (e se sono tutti come quei salumi, vale un'altra visita!). In particolare hanno maiali e ortaggi, ma anche altri animali. Non hanno una carta perché il menù, che varia di giorno in giorno, non consente alcuna scelta. Si mangia quel che c'è, che dipende dunque da quali animali sono stati macellati e da quali ortaggi di stagione sono stati raccolti. La signora consiglia di dare un colpo di telefono prima se si vuole sapere che cosa sarà servito in serata.

    Abbiamo pagato 15 euro. Ovviamente senza ricevuta. Data l'accoglienza familiare della signora e la sua gentilezza nel tenere aperto solo per noi, non ho avuto il coraggio di pretendererla, e quindi è con dispiacere che includo anche questo locale nella mia lista degli evasori fiscali.

    Trattoria Lamarta
    via Tito Speri, 56
    Località Vico
    25070, Treviso Bresciano (BS)
    Piccoli animali ammessi solo in veranda.

    mercoledì 29 luglio 2009

    Questo blog è contro l'evasione fiscale

    Sono lavoratore dipendente.
    E dunque, le imposte sui redditi, le pago.
    Per ottenere le detrazioni concesse a chi, come me, ha un mutuo per la prima casa, ogni anno, invece di avere le imposte automaticamente calcolate, mi faccio venire l'emicrania compilando il modello 730. È piuttosto semplice, ma io, imbranato, regolarmente riesco infilare qualche errore, corretto poi dalle pazienti ragazze del CAAF.
    Giuro che ogni errore è assolutamente involontario. Non avrebbe senso infatti cercare di farla franca: il documento da presentare a riprova dei conti è il CUD, ed i numeri riportati sul 730 devono corrispondere a quelli stampati su quel foglio.

    Per la verità la correttezza dei dati scritti sul modulo è controllabile solo per i redditi da lavoro dipendente. Potrei, in linea teorica, dare ripetizioni di greco antico, fare lavoretti da elettricista, accudire a canarini a domicilio o insegnare a volare in deltaplano, dietro compenso, e poi non dichiararlo come reddito. Ma non svolgo nessuna di queste attività, credetemi.

    Di certo non sono solidale quanto Artemisia, che vorrebbe pagare più tasse. Invero preferirei pagarne di meno. Ma sono orgoglioso di poter affermare che non evado mai e sono contento di pagare fino all'ultimo centesimo di quel che mi è dovuto, per dare il mio contributo alla comunità.
    Mi piacerebbe che anche gli altri membri della stessa comunità facessero altrettanto.
    Innanzitutto per un motivo sociale. Visto che i servizi sono finanziati dallo Stato tramite le entrate provenienti dalle tasse, non pagare le tasse significa fare sì che i servizi non siano adeguatamente pagati (e quindi qualitativamente peggiori) oppure che la pressione fiscale aumenti (ovviamente sui non-evasori).
    Inoltre, non riesco a trovare una ragione valida per cui, a parità di reddito, chi è onesto possa disporre di meno denaro, dato che deve riservarne una parte da pagare in tasse.

    Il sistema fiscale italiano non lascia spazio all'evasione fiscale da parte del lavoratore dipendente, mentre la rende facile e blandamente punita per il lavoratore autonomo, semplicemente perché di quest'ultimo è più difficile valutare il reddito.
    Il che, naturalmente, non significa affatto che i lavoratori dipendenti siano onesti e quelli autonomi no. Conosco infatti dei lavoratori autonomi che pagano fino all'ultimo centesimo, mentre parecchi lavoratori dipendenti non evadono solo perché non hanno la possibilità di farlo, cosa che è ben lungi da una assoluzione morale.

    La ricevuta fiscale.
    La tassazione di un esercizio commerciale avviene in base al fatturato, cioè alla somma dei proventi dalla vendita dei prodotti o servizi, nel periodo di un anno.
    La ricevuta fiscale è un documento ufficiale che viene rilasciato dall'esercizio commerciale, che contiene il totale pagato dal cliente, il dettaglio di tutti i prodotti o servizi acquistati, le generalità fiscali dell'esercizio, un numero progressivo e una data che la identificano univocamente.
    È compilata, in duplice copia, a mano oppure in modo automatico, sottoforma di scontrino fiscale, dal registratore di cassa. Una copia viene rilasciata al cliente e l'altra se la tiene l'esercente. L'insieme di tutte le ricevute fiscali rilasciate in un anno è dunque una documentazione sufficiente per il calcolo del fatturato.

    Il modo più ovvio per evadere le tasse perciò è quello di non emettere la ricevuta fiscale a seguito di un acquisto.

    Io non credo che il consumatore debba impersonare il ruolo di controllore. Ma la ricevuta, che è una prova d'acquisto, è la garanzia che le tasse relative verranno pagate, ed e' diritto del cittadino verificare che ciò avvenga.
    È evidente che quando un esercizio commerciale non rilascia la ricevuta, in quel momento sta evadendo le tasse. Sta commettendo un reato.
    A fronte di un acquisto, ogni commerciante fornisce il bene pagato dal cliente. È normale. ("non sono mica un truffatore!"). D'altro canto il cliente certamente paga il bene acquistato ("non sono mica un ladro!"). Non si capisce bene perché sullo scontrino fiscale si ritiene lecito sorvolare.

    Non so a voi, ma a me spessissimo capita che il negoziante "si dimentica" di rilasciare lo scontrino.
    Siccome io pago le tasse, la cosa mi irrita parecchio, e quando ciò accade, lo richiedo esplicitamente. A quel punto mi viene in genere rilasciato, a volte con una reazione di stizza o di sufficienza. Raramente mi è capitato che mi venisse comunque rifiutato.
    Credo che però, purtroppo, la maggior parte dei consumatori non abbia indole altrettanto rompiballe, e alla fine, per ogni scontrino preteso moltissimi altri si perdano nel colpevole oblio.

    Io non credo che ci sia una categoria particolare verso cui puntare il dito. Come fa notare Maurice in un suo post, se le statistiche dicono che i ristoratori sono tra i più sfrontati evasori, ciò non significa che si possa accusare di evasione ciascun ristoratore. Ad esempio, quell'unica volta che abbiamo cenato al ristorante di Maurice, la ricevuta mi è stata regolarmente rilasciata. Dire che i ristoratori sono disonesti è ingiusto nei confronti di quelli onesti.

    Ed è proprio per questo, secondo me, che i disonesti dovrebbero essere identificati. Come dice Maurice, "Tirare fuori i nomi e non sparare a casaccio sul mucchio". Detto fatto. Da oggi comincio una rubrica su questo blog che denuncia gli esercizi commerciali che evadono il fisco. O almeno che ci provano quando tocca a me pagare il conto. L'elenco apparirà in un riquadro nella colonna di destra

    Tengo a precisare che questa denuncia non ha niente a che vedere con la qualità del prodotto.

    Da qualche parte bisogna pur cominciare, e dunque, casualmente, capita che il primo evasore della lista sia la famosa Pasticceria Vassalli, Via S. Carlo 84/86 - 25087 Salò (Brescia). R ed io siamo entrati venerdì mattina nel negozio. Abbiamo preso una fetta di torta alla ricotta, un "cestino alla frutta" (cialda al cioccolato e mandorle riempita di frutta e crema), due caffè shakerati, due bicchieri di acqua minerale e un pacchetto di biscotti al limone. La signora (immagino si tratti della proprietaria), utilizzando il registratore di cassa come punto d'appoggio per scrivere sul blocknotes, ha eseguito la somma a mano e ha accettato il nostro pagamento del conto con carta di credito. Solo dopo il pagamento, quando ci stava già salutando, ho preteso e ottenuto lo scontrino.