mercoledì 27 luglio 2011

Borghezio

Ieri ho sentito che la Lega si scusa con la Norvegia per le parole di Borghezio.
Francamente mi aspettavo che l'Italia intera se ne scusasse, visto che Borghezio l'abbiamo eletto noi.......

...che vergogna...

lunedì 25 luglio 2011

La questione morale

A tutti, o almeno a me, piace aver ragione, e piace che la ragione venga riconosciuta, quando si hanno opinioni differenti.

Personalmente mi piace di piu' quando questa ammissione capiti subito dopo, o addirittura durante la discussione che abbia generato la divergenza di opinioni, ma cio' non sempre puo' avvenire, perche' tale situazione presuppone la constatazione di una verita', che magari non e' ancora disponibile, accettata da entrambe le parti. Il che, naturalmente, e' possibile solo se c'e' onesta' intellettuale, poiche' quella verita' deve appunto essere esplicitamente accettata.
Ad esempio entrando in una gelateria con un amico posso dire "mmh... il gelato al Puffo fa schifo", mentre lui puo' ribattere che invece e' buono. Potremmo prendere un cono al Puffo ed assaggiarlo. Il mio amico dovrebbe a quel punto cambiare idea e concordare con me che quel gusto e' una schifezza. Ma potrebbe anche capitare che si impunti e continui a sostenere la bonta' di quel gelato, nonostante abbia constatato che effittivamente di schifezza trattasi. In questo esempio il mio amico avrebbe buon gioco ad agire cosi', poiche' il sapore di un gelato non ha valore assoluto (se cosi' fosse il gelato al Puffo non piacerebbe a nessuno e sparirebbe una volta per tutte dalla faccia della terra). Ma ci sono altri argomenti che sono piu' oggettivi e negarne l'evidenza assumerebbe toni meno sostenibili. Ad esempio potrei affermare che in quella gelateria sono disonesti perche' le ragazze che ti servono (sto pensando ad una gelateria in particolare, dove sono tutte ragazze a servire) non rilasciano lo scontrino fiscale. Potremmo prenderci il gelato e, alla cassa, constatare che in effetti non lo rilasciano. A quel punto il mio amico potrebbe ancora negare l'evidenza. "Mmh... magari si e' dimenticata, ma di solito lo fa"... "forse ha finito proprio adesso il rotolino del registratore di cassa"... "Potrebbe essere che sia stata ingannata da quel programma di scherzi radiofonici in cui annunciavano l'abolizione della legge sullo scontrino obbligatorio"... "Le hai visto il dito indice? Deve essersi rotta una falange e quindi non poteva battere i tasti, poverina!". Credo che con una buona dose di fantasia qualunque affermazione falsa potrebbe rientrare nella sfera del plausibile, per quanto improbabile.

A me piace di piu', dicevo, che la ragione mi venga concessa subito. Non sono un gran fan del telavevodetto, per intenderci. Anzi, in genere preferisco, a posteriori, metterci una pietra sopra e far passare tutto sotto silenzio, se mi rendo conto che l'interlocutore prenda atto di aver avuto torto. Se e' onesto e' inutile infierire. Se e' invece uno che mai ammetterebbe la sconfitta, farglielo notare lo allontanerebbe comunque dalla verita'. E ci sarebbe una nuova sofferta quanto inutile discussione. La mia consapevolezza di aver ragione non dipende dalla sua umiliazione.

Okay, anche io stesso sono testone, e ammettere di avere torto mi fa imbestialire. Ma questo post non e' certo per autocelebrare la mia millantanta onesta' intellettuale.

C'e' anche un altro scenario.
Il contendente che ha torto puo' gia' essere consapevole fin dall'inizio di sostenere un argomento fallace, ma per una convenienza di qualche tipo, potrebbe comunque sostenere quella posizione.
Evidentemente questa persona rifiutera' qualunque argomentazione gli venisse presentata sotto gli occhi, perche' paleserebbe una sconfitta totale anche nel metodo. Questa posizione implica dolo, e quindi negarla non e' solo una questione di orgoglio, ma anche una difesa della propria onesta'. L'ammissione di un errore fatto in buona fede, la giudicherei cosa nobile. L'ammissione di un errore consapevole invece mi farebbe concludere che di quella persona non mi sarei dovuto fidare, e quindi non mi ci dovro' fidare in futuro, dovesse ricapitarne l'occasione.

Quando in politica parlano di "questione morlale" sono fondamentalmente questi gli argomenti che mi balzano in testa.

Io non ho alcun interesse a sfoderare un telavevodetto, ma era ancora l'aprile 2010 quando io, da semplice elettore (forse piu' attento di alcuni ma sicuramente meno attento di molti altri) dichiaravo i miei forti sospetti su Filippo Penati, allora come candidato perdente alle regionali in Lombardia.
Non e' che voglia fare del giustizialismo eh! Secondo me finche' non ne viene dimostrata senza ombra di dubbio la colpevolezza, nessuno deve pagare.

Ma dare un ruolo politico a Penati sostenendo che non esista una prova della sua disonesta' mi pare un po' come sostenere che la ragazza della gelateria non rilasci lo scontrino fiscale perche' ha una falange rotta.