mercoledì 31 ottobre 2012

Maschio, bianco, eterosessuale...

Una "categoria" e' un insieme di elementi contraddistinti da caratteristiche comuni. Le caratteristiche comuni agli elementi dell'insieme caratterizzano l'insieme, per cui, visto che e' possibile includere un elemento nell'insieme solo se ha quelle caratteristiche, una volta incluso, e' lecito attribuirgli quelle caratteristiche. E quindi anche eventuali effetti di cui quelle caratteristiche sono causa.

Puo' pero' capitare che ci troviamo a riconoscere delle categorie in modo innato (per cultura o istinto), senza definirne le caratteristiche a priori, e ad includere quindi alcuni individui in quegli insiemi senza avere una idea precisa del motivo di quella inclusione. Cio' nonostante siamo convinti che quegli individui vi appartengono. Poiche' tuttavia, per esigenze comunicative, abbiamo bisogno comunque di descrivere le categorie, tendiamo artificiosamente a creare a posteriori delle caratteristiche e poi ad imporle ad esse, e, di conseguenza, agli individui che ne fanno parte.
Un esempio e' quello del cigno nero, di cui ho parlato in un post tempo fa. Chiunque sappia che cos'e' un cigno, alla richiesta di definirlo ci elenchera' alcune caratteristiche, tra cui di sicuro il piumaggio bianco. Quindi tutti i cigni, per essere tali devono avere le piume bianche. E cio' ha funzionato fino al giorno in cui non si sono scoperti (in Australia, credo) i cigni neri, del tutto simili a quelli bianchi se non per il colore. Da allora in poi, chiunque avesse visto un cigno nero l'avrebbe comunque riconosciuto come cigno, pur avendo quella fondamentale caratteristica diversa. La verita' e' che qualunque risposta alla domanda "da cosa si riconosce un cigno?" e' imprecisa, perche' finirebbe per fornire una lista di caratteristiche consuete ma non necessarie a che un individuo appartenga alla categoria, e la categoria, come noi la percepiamo, non e' smplicemente definita da quella lista.
Io credo che pero' l'errore non stia tanto nella risposta, ma nella domanda. Prima di chiedersi da cosa si riconosce un cigno, bisognerebbe capire che cosa sia un cigno. Un biologo risponderebbe che la categoria "cigno", come tutte le speci animali, e' definita geneticamente. Se un essere vivente ha caratteristiche genetiche tali per cui un suo accoppiamento con un cigno generasse dei cignetti fertili, allora si tratta proprio di un cigno. Il cigno nero e' un cigno perche' puo' accoppiarsi con cigni (bianchi o neri) e generare figli fertili.
Ho l'impressione che anche questa definizione sia imprecisa per mille motivi. Ad esempio discriminerebbe individui sterili, che in quanto tali non sono in grado di generare figli, tantomeno fertili. Ma soprattutto penso che non vada a fondo alla questione. Cioe', io, che non sono un biologo, riesco a riconoscere un cigno come tale pur non approfondendo la faccenda della riproduzione. Se mi dicessero che cio' che io considero la categoria dei cigni fosse divisa in due speci (cioe' alcuni dei cigni si potessero accoppiare con successo tra loro ma non con altri e viceversa), continuerei comunque a riconoscere i cigni di entrambe le speci come appartenenti alla mia categoria. E se anche, per distinguere le due speci, ci fosse una caratteristica visibile (ad esempio se mi dicessero che i cigni neri e quelli bianchi fossero reciprocamente sterili) ne prenderei atto, ma continuerei a distinguere i cigni (bianchi o neri) dai cammelli e dalle foche.

Quindi, qualunque sia la definizione delle corrette categorie (se ne esistono) per dividere il mondo, la questione che ci interessa e' stabilirne empiricamente alcune utili a noi per descriverlo, e di conseguenza il modo per assegnare loro gli individui.

Questa considerazione ha risvolti sociali, perche' sembra che siamo portati a distinguere gruppi umani per caratteristiche somatiche, o comunque evidenti. E cosi' esistono i bianchi e i neri, i maschi e le femmine, gli adulti e i bambini, gli omosessuali e gli eterosessuali...
E fin qui va bene, perche' categorie cosi' definite possono essere considerate semplicemente per quello che sono, cioe' insiemi di persone accomunate proprio da quelle caratteristiche che si sono utilizzate per definire le categorie. E cio' puo' avere qualche utilita'. Per esempio dubito che una azienda che produce cosmetici cerchi di commercializzare una crema abbronzante per un target di pelle nera. Credo di non sbagliare dicendo che gli assorbenti igienici siano utilizzati solo dalle femmine. Se fossi omosessuale rinuncerei a priori ad una relazione stabile con un uomo eterosessuale ecc...
Insomma, e' lecito applicare agli elementi di una categoria le caratteristiche che li contraddistinguono proprio perche' appartengono a quella categoria.

E' invece costume diffuso applicare alla categoria caratteristiche discriminatorie pur se non si tratti di caratteristiche distintive per quella categoria. E spesso ci si basa su conclusioni statistiche. Sull'osservazione, cioe', che una certa quantita' piu' o meno ampia di elementi appartenenti alla categoria abbiano quelle caratteristiche.
Se si attribuisce una caratteristica non distintiva alla categoria, bisognerebbe chiedersi come mai esistano degli elementi appartenenti a quella categoria che quella caratteristica non ce l'hanno, se si vuole andare a fondo alla questione, altrimenti si rischia di creare una ingiusta discriminazione all'interno della discriminazione stessa.

A volte, tuttavia appare difficile capire quali siano le caratteristiche "sostanziali" di una categoria e quali quelle "accessorie". Faccio un paio di esempi.

Le giraffe adulte hanno un'altezza di circa 5 metri. Si tratta di selezione darwiniana, cioe' che mutazioni genetiche casuali su giraffe primordiali piu' basse hanno prodotto alcuni individui dal collo lungo, e questa caratteristica si e' rivelata vincente nella competizione per il cibo perche' riuscivano a mangiare le fronde piu' alte irraggiungibili da animali piu' bassi (comprese le giraffe non mutate). La caratteristica vincente si e' quindi propagata perche' gli individui mutati avevano piu' probabilita' di sopravvivere e quindi di riprodursi e di perpetrare il gene mutato.
Se oggi dovesse esserci una analoga mutazione genetica casuale e nascesse una giraffa col collo corto, avrebbe meno probabilita' di sopravvivenza e di riproduzione. Ma noi, vedendola, continueremmo a ritenere che si tratti di una giraffa, seppure un po' diversa.
Nonostante il collo corto non sia una caratteristica che escluda necessariamente l'individuo al gruppo, credo che sia ragionevole considerare il collo lungo come "sostanziale", infatti si tratta di un fatto genetico che hanno in generale le giraffe, e che in generale non hanno gli altri animali. C'e' un motivo fondato per cui possiamo attribuire la caratteristica alla categoria e agli elementi e prevedere che nuovi elementi abbiano quella caratteristica con una buona probabilita'.

Come mai i giocatori di basket sono tutti alti?
Potrebbe essere anche per loro una questione genetica, ma non credo. O meglio, e' una caratteristica genetica applicata ai singoli individui, ma non alla categoria dei giocatori di basket. L'altezza e' certamente una caratteristica favorevole per loro, perche' raggiungono meglio il canestro, ma non credo che chi ha quella caratteristica possa sopravvivere meglio o accoppiarsi con piu' facilita' degli altri con le giocatrici delle squadre femminili. Ne' tantomeno che i figli di giocatori e giocatrici di basket, pur che ereditino il gene dell'altezza, debbano necessariamente intraprendere la stessa carriera.
Non e' nemmeno vero che l'attivita' peculiare di chi gioca a basket (partite e allenamento) sia causa un allungamento. O forse e' cosi', ma al massimo per una questione di millimetri, mentre qui stiamo parlando di decine di centimetri! Conosco un ragazzino affetto da acondroplasia, e non consiglierei mai alla madre di indirizzare il figlio a questo sport per risolvere il problema.
Piuttosto penso che, proprio perche' nella pallacanestro chi e' alto e' favorito, quelli che lo intraprendono riescono a raggiungere livelli agonistici buoni con piu' facilita' se sono alti. Gli altri devono accontentarsi di livelli inferiori e finira' che noi non sentiremo mai parlare di loro.
Non credo quindi che sia ragionevole considerare l'altezza come una caratteristica "sostanziale" dei giocatori di basket. Credo che l'altezza media di chi intraprende questo sport sia uguale a quella di tutti gli esseri umani, solo che quelli bassi non sfonderanno in questo campo.
Pero'... se sentiamo parlare di qualcuno sconosciuto che pratichi la pallacanestro a livello amatoriale ce lo figuriamo alto almeno due metri. Sbagliato!

La giraffa ha buone probabilita' di essere un animale molto alto, mentre il giocatore di basket ha le stesse probabilita' di tutti di essere piu' alto della media.
La differenza sta nel fatto che la giraffa e' alta perche' l'altezza definisce la categoria delle giraffe, mentre, per i giocatori di pallacanestro l'altezza e' solo una caratteristica accessoria (importante quanto si vuole, ma che non definisce la categoria).
Inoltre l'altezza non e' una caratteristica sufficiente per i giocatori di pallacanestro. Infatti esistono ragazzi molto alti che tuttavia, anche se intraprendessero questo sport, non raggiungerebbero mai livelli agonistici.

In questo contesto, la statistica puo' essere uno strumento utilizzato impropriamente per avvalorare tesi volutamente discriminatorie, indipendentemente dalla verita' delle affermazioni che propone.
Per esempio, credo che l'espressione "i Rom puzzano" non sia del tutto falsa, se considerata secondo certe limitazioni.
In Italia una grossa fetta di persone appartenenti a questa etnia vivono in uno stato di estrema poverta' e in condizioni igieniche precarie, perche' non si possono permettere stili di vita migliori. Io invece che posso, mi lavo tutti i giorni, e, per essere sicuro di non emanare olezzi sgradevoli, mi metto pure il deodorante sotto le ascelle. Quindi mediamente un Rom puzza piu' di me.
Pero' bisognerebbe stare molto attenti a non utilizzare impropriamente questa espressione. Un'affermazione come "i Rom puzzano" suggerisce un'interpretazione diversa da quella descritta qui sopra. Suggerisce che i Rom abbiano una cultura primitiva e non capiscano l'importanza dell'igiene personale, o addirittura che si tratti di una razza geneticamente inferiore e la puzza sia il fenotipo del loro difetto genetico. In ogni caso, poiche' l'espressione "puzza" ha connotazioni culturalmente negative, "i Rom puzzano" suona comunque come un insulto. Naturalmente io non penso che la cultura Rom sia primitiva o che l'etnia sia una razza inferiore, e non voglio insultare proprio nessuno.
Il problema secondo me e' linguistico. Innanzitutto al massimo l'espressione ha un valore statistico, e non assoluto. Inoltre la puzza non caratterizza l'essenza della categoria dei Rom (ritenerlo significa avere un preconcetto razzista). Infine l'espressione sembra essere una dichiarazione definitiva e non stimola una indagine piu' approfondita: perche' i Rom puzzano?
Oltre a tutto possiamo anche aggiungere che ci sono molte altre (categorie di) persone che puzzano. Analizzando la questione ci vorrebbe poco a concludere che la causa e' la poverta' e quindi le condizioni igieniche. Anche noi, se vivessimo in condizioni analoghe, puzzeremmo altrettanto.
C'e' poi chi sostiene che "l'eccezione conferma la regola". Questi, dovessero incontrare un Rom che non puzza lo riterrebbero uno scherzo della natura. Come una giraffa dal collo corto: la vedremmo cibarsi degli arbusti piccoli e quindi fare una vita diversa da quella delle altre giraffe. L'evidenza dello svantaggio competitivo dovuto al collo corto confermerebbe la necessita' naturale che le giraffe abbiano il collo lungo. Evidentemente la stessa conclusione non puo' valere per il Rom che non puzza, appunto perche' la puzza non e' una caratteristica necessaria per la categoria.

Io sono maschio, bianco, eterosessuale. E' cosi' e basta. Sono sempre stato cosi' e non conosco altro modo di essere. Cerco di vivere al meglio secondo i miei principi e la mia coscienza. e' nella mia natura essere maschio, bianco, eterosessuale, quindi sono contento di essere quel che sono. Cerco di essere una brava persona, secondo la mia personale condotta morale. Ma questo non significa gran che', visto che non sono detentore di una morale assoluta, e certamente la mia etica individuale e' costruita sulle basi del mio essere maschio, bianco, eterosessuale.
Sono per altro anche mille altre cose: biondo, sovrappeso, astigmatico, allergico all'aspirina, ateo... Ma sembra che, per la societa', maschio, bianco e eterosessuale siano gli attributi importanti per la definizione di una categoria precisa. Io, dunque, non posso negare di appartenere a quella categoria.

Da qui pero', dire che la categoria discrimina chi non vi appartiene per contrasto, cioe' femmine, neri ed omosessuali (o magari addirittura elementi che appartengono a intersezioni di queste categorie - cioe' individui che hanno piu' di una di queste caratteristiche) mi pare davvero discriminatorio nei confronti di chi appartiene alla categoria dei maschi bianchi eterosessuali.

Secondo me, nel mondo del lavoro, possiamo dire che dalle due parti della barricata non ci sono uomini e donne, ma persone-che-aspirano-a-posizioni-di-potere e persone-che-non-aspirano-a-posizioni-di-potere.
Tra queste due categorie, la differenza sostanziale e' che gli uni utilizzano gli artigli per farsi spazio tra gli altri a suon di graffi. Raggiungono la cima non tanto perche' hanno qualita' tecniche migliori per fare la scalata, ma perche' riescono a sgomitare di piu' per farsi spazio. Usano di piu' l'aggressivita' e lo spirito competitivo piuttosto che la capacita', l'intelligenza e la cultura. Inoltre spesso accade (come avviene per me, ad esempio), che chi non ha potere nemmeno ambisce ad averne, perche' e' piu' interessato a fare, piuttosto che a dirigere. Le logiche della gerarchia aziendale, almeno in Italia, almeno per quanto riguarda la mia modesta esperienza lavorativa, non si basano sulle capacita' di ricoprire un ruolo al meglio, ma su quelle di dimostrare di essere migliore degli altri. Tant'e' vero che io posso essere bravo nel mio lavoro quanto voglio, ma mi si riconoscera' uno stipendio sicuramente inferiore a colui che mi sta sopra nell'organigramma, per quanto lui sia assolutamente inetto a quel lavoro (e a qualunque altro che richieda un minimo di intelligenza). Lui sta li' perche' ha la capacita' di far credere di avere le palle per ricoprire quella posizione, non perche' dimostra di essere qualificato per quel ruolo.

Io non credo sia vero che una donna non possa scalare la gerarchia aziendale. Credo pero' che per farlo debba sgomitare, graffiare, arraffare, lottare almeno quanto un uomo che ambisce allo stesso posto. Credo (ma non ne sono sicuro) che una donna sia meno naturalmente portata a questa attivita', perche' credo che l'istinto a competere ad ogni costo sia proprio del maschio. Forse per ragioni culturali, o forse addirittura genetiche: i due cervi maschi si prendono a cornate per ottenere il diritto di riprodursi. Non si e' mai visto, nel regno animale, due femmine che competono per la stessa ragione.
Ma credo anche che se i maschi hanno istinto a dominare, solo pochi di essi riescono effettivamente a farlo.
Credo infine che l'uomo si differenzi dagli animali perche' puo' basare le sue scelte su una cultura, e non si limita ad assecondare le pulsioni. L'aggressivita' necessaria per manifestare il diritto ad essere superiore nella gerarchia e' una capacita' eticamente negativa, e come tale dovrebbe essere repressa.
Io sono proprio bravo nel mio lavoro. Sono bravo anche nella capacita' di crescere ulteriormente dal punto di vista tecnico. E non ci vedo proprio nulla di contraddittorio con il fatto che non ambisco per niente a detenere posizioni gerarchicamente piu' alte. Perche' non mi interessa il lavoro di dirigere. Mi interessa invece usare la mente per costruire cose.
E se anche ambissi a posizioni dirigenziali, non credo di averne le capacita', perche' non credo di essere bravo a sgomitare per ottenere sedie piu' in alto. E se anche ne avessi le capacita', non lo riterrei moralmente giusto.
L'unica attrattiva che trovo per i posti a livelli piu' alti e' lo stipendio. In effetti, per quanto io mi dimostri bravo, non riusciro' mai ad accrescere il mio stipendio oltre ad una certa soglia. E non e' una questione di mercato, perche' il valore non e' proporzionato alla capacita' tecnica, visto che chi mi sta sopra non e' in grado di giudicarla. Non trovo affatto giusto che uno bravo relegato in basso all'organigramma percepisca uno stipendio inferiore ad un incapace che occupa i piani alti. Non lo trovo giusto neanche per l'azienda: il valore prodotto dal mio lavoro e' infinitamente superiore a quello prodotto dal mio capufficio, che e' solo un idiota bravo a sgomitare. Eppure lui prende piu' di me.

Io credo che la donna abbia molte meno opportunita' di successo, nella scalata sociale, rispetto all'uomo, cosi' com'e' organizzata la nostra societa'. E' vero che alcune donne riescono a raggiungere pari livelli, ma e' anche vero che quelle che ci riescono sono estremamente poche. Tanto per essere chiari, credo che non sia giusto.
Ma credo anche che questo problema sia figlio del metro di valutazione sbagliato. Credo che una donna debba avere la stessa opportunita' di un uomo di ricoprire un posto ai vertici dell'azienda. Ma credo che cio' dovrebbe avvenire solo se quella donna ha in effetti le capacita' tecnica, l'intelligenza e la cultura per dirigere quell'azienda. Esattamente come credo dovrebbe avvenire per un uomo. E invece non e' cosi'. Il presidente di questa azienda, per esempio, e' un emerito cretino. Si sta aprendo la strada per la successione alla figlia, che non ha affatto qualita' migliori di lui. Cio' in cui entrambi eccellono e' un'insieme di cattiveria, aggressivita', arroganza e impietosita' nei confronti dei normali dipendenti. E penso che queste caratteristiche, oltre che la proprieta' ereditata, siano cio' che abbia loro consentito di trovarsi a ricoprire quel ruolo. Dal canto mio invidio il loro reddito, ma non certo il loro modo di essere.

Sono convinto che una ragione per cui la donna e' discriminata nella scalata sociale sia che e' tendenzialmente meno aggressiva dell'uomo. Ma anche io, pur essendo uomo, non sono aggressivo abbastanza per riuscire vincente nella scalata sociale, e quindi anche io sono discriminato.
Io non ricopro ruoli dirigenziali e di questo passo non riusciro' mai a ricoprirne. Ne' voglio farlo. Mi piacerebbe guadagnare di piu', ma se il prezzo e' diventare uno stronzo, allora ne posso fare a meno.
Nei vari ambienti lavorativi ho trovato molte donne al mio livello in condizioni analoghe alle mie. Cio' che e' piu' difficile per le colleghe donne, rispetto agli uomini, e' trovare una strada per una promozione a ruoli piu' alti. Io mi sento altrettanto discriminato. Eppure sono maschio, bianco ed eterosessuale.

Sentirmi dire che una donna ha meno opportunita' di crescita di me, o, addirittura, ritrovarmi implicitamente etichettato in una categoria che viene accusata di essere la causa di questa discriminazione, lo trovo francamente un po' offensivo.

martedì 23 ottobre 2012

Patente e libretto...

L'auto non e' un mezzo ecologico, per cui, se ci sono alternative ragionevoli, non la uso, anche se guidare mi piace molto.
Dove sto io i mezzi pubblici non sono una valida alternativa, data la scarsita' di corse (due al giorno in orari improponibili). E neanche la bici, data la pendenza del percorso e la distanza di qualunque servizio. Quindi, purtroppo, l'auto la uso spesso.

Ritengo che le regole debbano essere rispettate. Penso che infrangerle in alcuni casi sia un metodo di protesta valido, ma questo non deve mai essere una scusa per mascherare un tornaconto proveniente da un comportamento illegale.
Pero', con tutta la mia buona volonta', ci sono casi in cui mi ritrovo mio malgrado a non riuscire a rispettare il codice della strada. Il problema principale e' costituito dai limiti di velocita'.

Si dice che il tachimetro delle automobili in genere e' tarato per segnalare una velocita' di circa 10km/h inferiore a quella reale. Ho provato a confrontare con i dati del GPS ed e' proprio cosi'.
Inoltre, i meccanismi elettronici di ausilio alla polizia per misurare eventuali eccessi di velocita' pare che "concedano" un errore di taratura fino a 10km/h in piu' della velocita' reale. Di conseguenza la polizia comincia ad essere preoccupante per l'automobilista solo se il tachimetro indica 20km/h piu' del limite di velocita'.
Devo ammettere che io adotto questo ragionamento per decidere quando posso accelerare ancora un po'. Chiaramente si tratta di una motivazione un po' debole: ci si aspetterebbe che la velocita' indicata come limite di velocita' sia quella mostrata dal tachimetro e non quella rilevata dagli autovelox meno 10. Pare che comunque tutti utilizzino questo metodo, o addirittura metodi ancora piu' permissivi, visto che raramente mi capita di dover superare altre automobili, ma anzi vengo io stesso superato.
Queste considerazioni indicano chiaramente che i limiti di velocita' delle strade sono percepiti come troppo restrittivi dagli automobilisti. E non parlo di chi guida sotto i fumi dell'alcol o di chissa' quali droghe da discoteca, al sabato notte gareggiando con la vita, ma anche dei nonnetti che guidano col cappello in testa e il naso incollato al parabrezza per vederci meglio.

L'interpretazione "all'italiana" dei limiti vale anche per le forze dell'ordine. Carabinieri, polizia, vigili, guardia di finanza, esercito; addirittura i cellulari della polizia penitenziaria superano abbondantemente i limiti di velocita'. E cio' succede anche quando non hanno le segnalazioni di emregenza accese. Per non parlare delle auto blu e della loro scorta, che ti si incollano al culo, ti suonano e ti abbagliano per farti spostare, anche se stai gia' andando, perlappunto, a 20km/h oltre il limite. Manco i politici che trasportano avessero degli impegni improrogabili da cui dipende la sorte dell'economia globale.
Ovviamente fanno eccezione quelle auto della stradale a caccia di trasgressori. Queste rispettano scrupolosamente il limite, cosi' che uno si sentirebbe motivato a superarli, se non che, facendolo, si ritrovasse necessariamente in contravvenzione proprio davanti alla polizia (il che, naturalmente costituisce un pericolo per la circolazione, visto che gli automobilisti che viaggiano a velocita' tarate su personali interpretazioni, sono costretti ad improvvisi rallentamenti).

I limiti di velocita' non sono solo troppo restrittivi. A volte sono anche contraddittori. Faccio alcuni esempi.

Il centro abitato dove risiedo e' la frazione di un piccolo paesino montano. Si trova a meta' strada tra il fondovalle e la cima della montagna. E' talmente piccolo che quella e' l'unica strada percorribile, e il centro abitato e' costituito da un tratto di quella strada lungo circa un chilometro.
Siccome si tratta di una strada di montagna, quindi stretta e piena di tornanti, l'intero suo percorso, dal fondovalle alla cima ha un limite di velocita' ben segnalato di 30km/h.
L'ingresso e l'uscita dal centro abitato sono segnalati chiaramente dagli appositi cartelli bianchi scritti in nero. Come tutti sanno questi cartelli sottintendono un limite di velocita' ridotto a 50km/h, se non diversamente specificato. Qui, ad ogni buon conto, e' specificato da ulteriori segnali di limite. Che indicano 50km/h.
Cioe', praticamente, percorrendo la strada dal fondovalle alla cima, bisogna andare al massimo a 30 all'ora, ma e' concesso di accelerare a 50 dove? Quando si attraversa il centro abitato. Geniale!

Un altro esempio e' la statale 36, che collega Milano con Lecco, per proseguire fino all'estremita' nord del lago, a Colico.
Sul tratto che va da Colico alla Brianza (Verano Brianza), e' una superstrada a due carreggiate, due corsie per carreggiata, senza corsia di emergenza. Il tratto a nord di Lecco equivale, come condizioni della strada, a quello a sud di Lecco. Salvo il fatto che da Colico fino a Lecco e' quasi completamente sotterraneo. Ogni carreggiata viaggia all'interno di un tunnel. Qui il limite di velocita' e' di 100km/h. Il tratto da Lecco a Verano Brianza invece, che e' all'aperto, e' di 90km/h. Perche'? Boh. Comunque il nonsense si ha, viaggiando verso sud, proprio a Verano Brianza. Proseguendo per Milano, la strada diventa improvvisamente a tre corsie per carreggiata, ma il limite di velocita' di 90km/h non e' esplicitamente modificato, e quindi si suppone che sia ancora di 90km/h. E' invece mostrato un altro segnale stradale che indica che il limite minimo di velocita' sulla terza corsia e' di 90km/h. Cioe', sulle tre corsie bisogna viaggiare a meno di 90, ma sulla terza bisogna viaggiare a piu' di 90. Quindi sulla terza corsia bisogna viaggiare ESATTAMENTE a 90 all'ora altrimenti sei in contravvenzione. La cosa diventa bizzarra quando poi, su un tratto in curva, accanto al limite minimo di velocita' di 90 e' affiancato il limite massimo di 70. Ergo non si puo' viaggiare sulla terza corsia, data l'impossibilita' di rispettare contemporaneamente i due limiti. Ad ogni buon conto, quando c'e' un'auto della polizia in giro, gli automobilisti (me compreso) rallentano a 90 all'ora e si affrettano a togliersi dalla terza corsia, rendendo ovviamente piu' pericolosa la circolazione.

Sulla strada del lungolago di Vercurago (che percorro per evitare nelle ore di punta il traffico maestoso della provinciale), c'e' una segnalazione piuttosto criptica: cartello circolare bianco bordato di rosso (divieto di circolazione) corredato da un crocifisso seguito dalla dicitura "0-24 - salvo residenti". Dunque, vediamo... e' vietato circolare nei giorni festivi 24 ore su 24 tranne che per i residenti. Di sabato, io, che non sono residente, ci posso andare? Boh.
Ebbene, su quella strada il limite di velocita' e' di 10km/h. Credo che sia riferito solo ai mezzi motorizzati, perche' non ho mai visto fare multe a quelli che fanno jogging sul marciapiede. In ogni caso, il tachimetro della mia macchina non ci arriva nemmeno a 10 all'ora. La prima tacca corrisponde a 20.

Sull'autostrada della Val d'Aosta il limite di velocita' e' 130km/h. Nelle gallerie e in prossimita' delle uscite il limite di velocita' scende improvvisamente a 80km/h. E' ben segnalato, cosi' come e' ben segnalata la fine dei tratti a velocita' ridotta. Sfortunatamente le uscite e le gallerie sono numerosissime, il che costringe a continue accelerazioni e decelerazioni, oppure a viaggiare a 80 all'ora costanti. Nel primo caso si spreca carburante, si inquina e si intralcia la circolazione, nel secondo caso la velocita' e' talmente sproporzionata che converrebbe prendere la statale, che fa un percorso molto simile ed ha un limite di velocita' di 90 all'ora (pur avendo una sola carreggiata per entrambi i sensi di marcia).

Questi esempi mi fanno concludere che lo scopo dei cartelli di limite della velocita' non sia di limitare la velocita', ma di mettere in condizioni di colpa gli automobilisti. Viaggiare rispettando i limiti, dove e' possibile, e' una soluzione decisamente poco ragionevole.
Che sia per disincentivaere l'uso dell'automobile? Be', se ci fossero alternative non sarebbe nemmeno sbagliato.
Il fatto e' che se non si rispettano le regole ci si sente autorizzati a fare quel che si vuole. La ragionevolezza spesso non e' applicata dagli automobilisti, e questo e' il motivo per cui esistono regole e segnali.
In altri paesi, per esempio in Francia, mi ritrovo a guidare con il mio solito stile di guida, ma il bello e' che non ho l'ansia della consapevolezza di essere sempre e costantemente in contravvenzione.

venerdì 12 ottobre 2012

Lombardia!

Che schifo, eh, nella nostra regione?!

Cosi'... come gramelot puramente speculativo, stamattina mentre guidavo e ascoltavo il gr di Popolare Network, mi chiedevo quanto sarebbe stato diverso tutto cio' se, alle regionali del 2010, avesse vinto il "purosangue" della sinistra, Filippo Penati.

Non e' che sia riuscito a darmi esaurienti risposte...

giovedì 11 ottobre 2012

...A destra, a sinistra, sopra o sotto...?!?

Ho sempre pensato che una buona legge elettorale debba essere proporzionale, perche' credo sia giusto che un'idea venga rappresentata proporzionalmente al numero di cittadini che la sostengono.
Ritengo anche che il diritto di esprimere le preferenze sia fondamentale, anche se odio l'idea che i voti di questo o di quel candidato non provengano tanto dalle sue capacita' (difficili da giudicare da parte dell'elettore), o, peggio ancora, dalle sue personali idee politiche (pretendere che l'elettore valuti queste piuttosto che le linee guida o i programmi del partito e' forse un po' eccessivo), quanto piuttosto dalla simpatia o popolarita' (caratterustiche facilmente pilotabili dai media, e comunque non decisive per la carica politica). Soprattutto penso che le preferenze siano cosa importante perche' si e' sperimentato che se si lascia ai partiti il compito di nominare le liste, finisce che le nomine ricadono sulle persone piu' controllabili dai partiti stessi, piuttosto che sulle piu' capaci e rappresentative. In pratica i partiti tendono a nominare i piu' corrotti, o almeno i piu' corruttibili. Il che e' esattamente l'opposto di quel che tutti noi cittadini "normali" vorremmo. Certo il reato di corruzione dovrebbe essere giudicato dalla magistratura in sede di processo, non dal cittadino in sede di elezione, ma abbiamo visto che non basta, e ci ritroviamo in parlamento una quantita' davvero insostenibile di persone che agiscono nel loro ufficio per interessi personali. Chiaramente, piu' che della legge elettorale, e' colpa di chi ha nominato quei parlamentari, cioe' i partiti, il che mostra una volta di piu' che i partiti sono ben lungi dall'essere l'espressione degli elettori che li votano.

In definitiva, se ho capito bene, riguardo la legge elettorale mi sa che la penso piu' o meno come il PdL, per quanto questa considerazione mi provochi una certa fioritura di orticaria.
Naturalmente non ci si pone nemmeno il problema di capire perche' il PdL proponga una legge elettorale proporzionale con le preferenze: quelli non hanno mai fatto nulla per il popolo, anche questa volta deve trattarsi solo di convenienza personale. Cioe', in un periodo di magra come questo, perderebbero meno potere con una legge del genere piuttosto che con una maggioritaria. E la riprova di questo srumentalismo sta nel fatto che fino all'altro ieri, in condizioni diverse, i leader del PdL erano ben felici di vincere con il porcellum.
Pero', a pensarci bene, non possiamo neanche farene una questione etica, perche' dall'altra parte e' pur vero che i motivi per cui il PD vuole invece una legge maggioritaria e senza preferenze sono, nella migliore delle ipotesi, finalizzati a vincere con uno scarto maggiore. Insomma, la discussione sulla legge elettorale non ha nulla a che fare con il livello di espressione democratica, ma solo con la lotta tra i poteri. Bisogna concludere che, comunque vadano le cose, la legge che ne uscira' sara' di sicuro un passo indietro per la democrazia e uno avanti per la corruzione.
Certo, alle elezioni, una vittoria numericamente piu' netta sarebbe da auspicare a prescindere da chi dovesse vincere, perche' garantirebbe una piu' salda governabilita', ma io credo che la solidita' del Parlamento debba basarsi sull'ampiezza del consenso dell'elettorato, non su trucchetti squisitamente astratti quali maggioritario, sbarramenti e premi di maggioranza vari. Correggere i numeri sul tachimetro dell'automobile puo' dare l'illusione di andare piu' veloce, ma e' solo un'illusione!

Insomma, la discussione sulla legge elettorale e' in realta' uno scontro tra interessi personali e di partito.
Che il PdL, partito di farabutti, agisca solo per interesse, be'... l'ha sempre fatto, non mi aspettavo altro. Ma se lo stesso fa il PD, allora, cos'e' che ci contraddistingue da quei farabutti?
E si' che, dopo vent'anni di porcherie su porcherie impunemente perpetrate dal Clown, dopo un periodo di lacrime e sangue, sedicente necessario, la cui responsabilita' si e' accuratamente evitata, facendola ricadere sul governo tecnico, mi pareva proprio che, indipendentemente dalla legge elettorale, il PD dovesse essere in grado di fare man bassa di voti comunque. Che Achille fosse di gran lunga in grado di superare la tartaruga qualunque vantaggio le si concedesse. E invece no. Siamo ancora qui con il Clown che minaccia di ricandidarsi. E' mai possibile che il PD non abbia alcuna intenzione di impegnarsi un po'?
Certo, il vantaggio del Clown sta nel potere di telecomandare l'opinione pubblica con l'artiglieria dei mezzi di informazione. Perche' segregare al dimenticatoio il conflitto d'interessi, non lo capiro' mai.

E va be'...

Tempo fa ascoltavo una trasmissione di approfondimento su Radio Popolare riguardo alla lettera di alcuni parlamentari a Bersani, contro la candidatura di Vendola alle primarie.
L'interessante lettura fatta in quella trasmissione e' di una certa contrapposizione tra un PD di centro che si allei con il terzo polo (l'idea di una alleanza di centrosinistra con quel fascista di Fini mi fa rabbrividire, ma tant'e') e un PD piu' spostato a sinistra che si allei invece con Vendola.
Le due parti contrapposte sono lo specchio delle due anime che hanno fondato il PD, e se la parte di sinistra cerca di recuperare delle radici in passato molto solide, la parte di destra invece insegue la tendenza a destra del popolo italiano.
Il che non mi pare una grande idea (anche se non e' che sia un mago del marketing). Cioe' che si cerchi di allargare il bacino elettorale dichiarando di essere uguali a quelli che hanno fallito, scontentando cosi' anche gli elettori consolidati.

Ed e' qui che non capisco piu'. L'effermazione che il popolo italiano e' di destra. Ma che diavolo significa?
Quand'ero ragazzo ricordo gli insegnanti di sinistra, le celebrazioni, a scuola, del 25 aprile, con la partecipazione di nonni partigiani, gli scioperi in rosso col pugno chiuso. Ecco, allora c'era l'impressione generalizzata che il popolo italiano fosse fondamentalmente di sinistra, e che la destra fosse stata superata col Duce appeso per i piedi in piazzale Loreto. E allora nemmeno i fascisti dell'eta' nuova mi spaventavano, perche' di pazzi ce ne sono tanti, ma per ribaltare la societa' ci vuole anche un consenso popolare. Che non c'era, perche' gli Italiani erano un popolo di sinistra.
E adesso mi si dice che invece gli Italiani sono di destra.
Ma che cos'e' la destra?
Per me la destra e la sinistra, oggigiorno, si distinguono dal fatto che l'una e' liberista e capitalista, l'altra piu' statalista e solidale. La prima visione giustifica la disparita' perche' genera maggiore ricchezza anche per le classi inferiori. L'altra invece sostiene che questo modello non funziona e quindi lo stato deve farsi carico di proteggere le classi inferiori, prendendo ai ricchi per nutrire i poveri, scotto che i ricchi devono pagare per meritarsi l'appartenenza a questa societa', e per guadagnarsi i privilegi non scontati di cui godono grazie ad essa.
Questa e' la sostanziale differenza tra destra e sinistra. Io mi sento di sinistra, ma entrambi i punti di vista hanno una loro dignita'.
Per inciso, io sono di sinistra, ma accetterei di buon grado una destra onesta che riesca a far progredire l'economia e con essa il benessere e la liberta' anche delle classi inferiori. Sarebbe gia' meglio dello stato attuale, e decisamente molto meglio del ventennio del Clown.

Ma sotto queste definizioni non credo proprio che gli italiani siano un popolo di destra.
Certo, a nessuno piace pagare le tasse. Nel senso che a nessuno piace tirare fuori i soldi in generale.
Per esempio io sono orgoglioso di pagare le tasse, nel senso che amo fare la mia parte e rendermi utile per la societa'. Ma mi piacerebbe rendermi altrettanto utile pagando di meno, se fosse possibile.
Chiunque cerca l'occasione. Tra due negozi che vendono lo stesso prodotto, scelgo quello che me lo fa pagare di meno.
Mi piacerebbe in buona sostanza che i servizi dello stato (sanita', scuola...) siano di ottima qualita' e di prezzo basso. Tutti lo vorrebbero.
Ma non si puo'. E allora, per vincere le elezioni, la destra promette un taglio delle tasse (omettendo di dire che in questo modo bisogna tagliare anche i servizi). La sinistra dovrebbe invece promettere un miglioramento dei servizi (magari aumentando le tasse).
C'e' un tipo che conosco che trova mille trucchi per non pagare le tasse. Evita di emettere fatture, trova sotterfugi per dichiarare esenzioni impossibili... Teorizza questo comportamento agevolando gli stessi trucchi da parte di altri liberi professionisti di cui occasionalmente puo' aver bisogno, e dichiara spudoratamente la sua contrarieta' alla pressione fiscale. Nello stesso tempo pero' si lamenta che la sanita' pubblica , di cui la sua famiglia e' purtroppo costretta a fare uso, funziona male o non funziona affatto.
Secondo me questo atteggiamento lo dipinge ipocrita e stupido, ma non necessariamente di destra. Chiunque, potendo, preferirebbe non pagare le tasse ed avere servizi ottimi e gratuiti. La stupidita' sta nell'aver creduto nelle promesse palesemente fasulle di chi, di volta in volta, ci governa.
Questo tipo che conosco e' un tipico elettore del PdL o della Lega, ma non perche' e' di destra. Quanto piuttosto perche' ragiona con la pancia piuttosto che col cervello. E non e' vero che chi ragiona con la pancia sia necessariamente di destra. Dipende piuttosto dall'abilita' della destra a far credere al proprio elettorato false promesse, e nella ovvia inabilita' della sinistra a smascherarle.
Non credo che gli italiani siano razzisti o xenofobi. Cioe', non e' che disprezzano il diverso in quanto tale. Il problema e' che gli stranieri (riconoscibili per i tratti somatici, il colore della pelle o almeno lingua e costumi diversi dagli italiani autoctoni), in genere sono immigrati qui perche' nel loro paese facevano la fame. E quindi sono poveri. E, da che mondo e mondo, la poverta' si porta dietro la criminalita'. Anch'io, se fossi povero, piuttosto che morire di fame andrei a rubare. O mi arruolerei nelle fila della criminalita' organizzata. Le prostitute sono in genere extracomunitarie, perche'? Be', mica per scelta. Piuttosto perche' per loro e' l'unico modo per sopravvivere. E' secondo me ovvio che tra gli immigrati la quantita' di delinquenza e' mediamente maggiore che tra gli autoctoni. Ed e' per questo che sono disprezzati od addirittura odiati.
Quel tipo di cui sopra, ad esempio, rispetta perfettamente il tipo di colore in giacca e cravatta, uomo d'affari. Ma disprezza quello che vende elefanti di legno fuori dal supermercato. Possibile che non si accorga che abbiano la pelle dello stesso colore?
Ecco che anche l'odio per gli immigrati non e' frutto di razzismo, ma di ignoranza. Basterebbe fare due piu' due per concludere che con una migliore distribuzione della ricchezza ci sarebbe piu' integrazione. Ma questo la sinistra non lo sa (o non lo vuole) spiegare.

Ecco, io credo che si possa piu' o meno dire che gli italiani siano tendenzialmente un popolo di destra, ma non per convinzione. Semplicemente perche' negli ultimi 35 anni (prima di allora, per me, e' solo storia raccontata) la destra ha avuto gioco facile nell'incanalare la loro pancia in preconcetti ideologici.
Ed ha avuto gioco facile perche' la sinistra non ha saputo spiegare la verita'. Non ha saputo costuire una cultura della solidarieta'. E gli Italiani? Gli italiani, anche i piu' stupidi, vogliono solo benessere per se e per i loro simili.

Ed ora, per il PD, spostarsi a destra significa ammettere che la cultura della solidarieta' e' morta. Tanto vale, per il PD, salire sul tram dell'ignoranza e allearsi col terzo polo, e sperare di vincere grazie a trucchetti numerici, sbarramenti e premi di maggioranza.

Per questo, alle primarie, votero' Vendola.
Anche se, per la verita', preferirei un candidato premier in grado anche di governare.

mercoledì 10 ottobre 2012

Cinque


10/10/2007